Keith Jarrett, la fine di una storia leggendaria – Budapest Concert

Già più volte vi ho detto quanto importante sia la musica nella mia vita.

Quando è nato il mio primo figlio avevo preparato una serie di musiche che avrebbero accompagnato le fasi della sua giornata. Per l’addormentamento avevo previsto Summertime di George e Ira Gershwin, dal musical Porgy and Bess. Provai e riprovai, ma non ci fu verso, si addormentava con altre musiche, prevalentemente italiane (per una lunga fase la sua preferita era Poesia di Riccardo Cocciante).

Quando nacque la mia seconda figlia non ho neppure provato a preparare liste musicali, sapevo ormai che non avrebbero funzionato. Un mio caro amico che nelle sue tante vite, in quel tempo aveva un negozio di dischi, mi regalò The Melody At Night With You, piano solo di Keith Jarrett, che mia figlia adottò spontaneamente come sua ninna nanna preferita.

Keith Jarrett incise quel disco come tentativo di recupero terapeutico dalla sua malattia che lo aveva bloccato per qualche tempo, la sindrome da stanchezza cronica. Piano piano, nella sala di registrazione che la moglie gli ricostruì in casa, Jarrett recuperò la sua creatività ed il suo lirismo e li trasfuse in queste incisioni notturne molto ispirate ed intense, che dedicò alla compagna.

Piccolino, riccissimo, frenetico nei movimenti, instancabile nel suo fraseggio pianistico, un vero folletto del pianoforte,  Keith Jarrett, entrò nella storia della musica sottolineando le svolte elettriche del nume Miles Davis.

E’ suo il disco di piano solo più venduto di tutti i tempi. Più venduto anche perché ancor oggi, 45 anni dopo la sua uscita, vende ancora tante copie. Un primato, quindi, spalmato nel tempo, dovuto ad una robusta qualità che più generazioni apprezzano e non dovuto ad una fiammata legata ad improvvisa ed effimera popolarità.

The Koln Concert
Il concerto di Colonia registrato il 24 gennaio 1975. La storia di questa incisione merita di essere raccontata (qui trovate un bell’articolo di Repubblica che la racconta), perché è una storia di resilienza, di passione, di altruismo, di generosità, di genio e di creatività sotto stress.

Riassumo brevemente. Quando Jarrett, afflitto da un quasi invalidante mal di schiena, al Teatro dell’Opera di Colonia per il concerto, trovò una situazione a lui non congeniale. Pianoforte di mediocre qualità e non ben accordato. Seduta scomoda che acuiva i suoi problemi. Irritato lasciò il palco durante le prove deciso ad annullare l’esibizione.
La ragazza, giovanissima ed inesperta, cui era stata affidata l’organizzazione dell’evento, vide sfumare tutto il suo impegno, inseguì l’irritato artista fino all’auto, lo implorò, lo pressò, fino a chiedere, nell’impeto innocente ed ingenuo della sua giovinezza, “Fallo per me!”.

Questa passione, questo coinvolgimento integrale della ragazza convinsero il dolorante Jarrett che tornò sui suoi passi e regalò ai fortunati spettatori di quella magica serata una composizione interamente improvvisata, in due parti, la cui seconda è suddivisa in tre movimenti. ECM aveva registrato quella esibizione ed incise il disco che è entrato nella storia.

Opponendosi al suono impuro di quel pianoforte e contorcendosi tra i dolori, Jarrett onorò il suo impegno con quella ragazzina e con la musica. Non ci sono condizioni impossibili quando una passione ci anima, quando una “compassione” ci lega.

L’incisione è arricchita ed impreziosita dai suoi mugolii e dai suoi canticchiamenti con cui si accompagna. Una caratteristica che spesso ritroviamo nelle incisioni di Jarrett, ma qua assume una forza espressiva e lirica quasi pari allo stesso suono del pianoforte.

Keith Jarrett, ha diviso la sua carriera tra pietre miliari della storia del jazz, che gli deve tributi altissimi. La sua tecnica e il suo sentimento pianistico hanno più o meno consapevolmente influenzato generazioni di pianisti jazz.  Fu un vero e proprio bambino prodigio, un Mozart del nostro secolo. Già a tre o quattro anni esprimeva totale consapevolezza dei suoni che creava. La grande padronanza dello strumento lo ha spinto a numerose incursioni nel mondo della musica classica, a cui si devono altre importanti esibizioni ed incisioni storiche.

Tra le sue incisioni più note c’è un brano che molti della mia generazione e della mia geolocalizzazione ricorderanno come colonna sonora di una famosa pubblicità televisiva di una nota pellicceria con le modelle in visone che scendevano la famosa scala di Caltagirone: Country dall’album My Song, con Jan Garbarek.

Prima di cadere vittima della sindrome da stanchezza cronica nel 1998, aveva compiuto una lunga e trionfale tournée mondiale in trio con Gary Peacock e Jack De Johanette, compagni di infinite ribalderie musicali. Di quella tournée rimase traccia nell’incisione live di Tokyo ’96, una selezione di dieci esibizioni dal vivo indimenticabili.

Con The Melody At Night With You, iniziò la ripresa fisica ed artistica di Keith Jarrett, che sconfisse la malattia e tornò sui palchi ad emozionare gli amanti della musica.

Oggi 30 ottobre è uscito un nuovo disco live solo di Keith Jarrett, Budapest Concert.

Nel 2016 compì un’altra fenomenale tournée di piano solo in giro per l’Europa ed oltre. Ma nel 2018 un primo ictus, seguito da un altro dopo sei mesi, lo costrinsero ad interrompere il tour e allontanarsi dalla musica. 

Sempre oggi, Repubblica manda in edicola una interessante intervista a Jarrett, da cui emerge con chiarezza che il genio ha perso lucidità e fluidità e, salvo miracolosi ribaltamenti (cui, peraltro, Jarrett ci ha abituato) la storia musicale di Keith Jarrett è conclusa.

Riascoltando le incisioni del tour europeo del 2016, Jarrett ha deciso di tramandare al pubblico e alla storia le incisioni dell’esibizione di Budapest. Pur essendo americano, ha un legame familiare con la terra d’Ungheria e sente di aver suonato con una dedizione particolare, sente di aver suonato per le sue radici ungariche, come a Colonia aveva suonato per quella ragazza impertinente nella sua ingenua passione.

Articolato in 14 parti, il disco raccoglie momenti di grande appassionata creatività e di grande lirismo, unendo l’energia interiore che lo ha animato da sempre (che gli sfugge nei costanti mugolii che ormai conosciamo) alla ritrovata esperienza e padronanza tecnica. Solo per esempio cito la parte IV, un blues appassionato che sembra avere trapiantato il cotone sulle rive del Danubio, con una forza espressiva che ti trascina e ti distrae da ogni altra d’occupazione mentre ascolti, e che ritroviamo, rivestita nuovamente a stelle e strisce nella parte XII, proprio chiamata Blues. 

Si segnalano anche il largo mood sentimentale della parte V, che si rattrappisce nel sincopato honky tonky della parte VI, e che poi si riallarga nella parte VII.

Tornano le atmosfere notturne di The Melody At Night With You nella parte VIII. Chiudono la registrazione le parti XIII e XIV che sono le trasfigurazioni di due popolari canzoni: It’s a Lonesome Old Town e Answer Me.

Riletto nel suo insieme, sembra davvero una summa, un testamento, un rassegna delle predilezioni di Keith Jarrett, delle sue geniali espressioni. L’atto finale di una storia leggendaria.

Mi viene da pensare che non sappiamo se Pasolini quel 1975 arrivò a sentire The Koln Concert. Mi piace credere di si. Mi piace credere che si sia portato con se una traccia di quell’energia, di quella creatività, di quella resilienza nel suo ultimo viaggio fino alla spiaggia di Ostia.


Forse ha pensato la stessa cosa Nanni Moretti quando, in Caro Diario, ha fatto accompagnare la conclusione del suo viaggio in Vespa all’Idroscalo di Ostia, al luogo della vergogna, della morte violenta di Pier Paolo Pasolini, proprio dalla Parte I di The Koln Concert di Keith Jarrett.

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