Per via del suo lavoro, mio papà aveva la fortuna di avere le tessere per tutti gli spettacoli. Cinema di prima e seconda visione, circhi, e, soprattutto, teatri.
Fin da piccolo ho visto a teatro tutte le compagnie che passavano da qui, leggere, dialettali o nazionali. Ho visto Turi Ferro, Salvo Randone, Gino Bramieri, Aroldo Tieri, Alighiero Noschese, Vittorio Gassman, e tanti altri.
Martoglio fu il primo amore teatrale, imparai a leggere il dialetto con le sue opere edite dalla D’anna di Firenze. Poi seguirono Pirandello ed Eduardo.
Ricordo ancora una serata magica, in cui Vittorio Gassman, solo sul palcoscenico, tenne uno spettacolo da mattatore, in cui entrava ed usciva da tanti capolavori di recitazione della sua fantastica carriera artistica.
In particolare ricordo un momento in cui Gassman sul proscenio parlava con noi spettatori e ci spiegava la magia del teatro, facendo riferimento all’inganno condiviso tra attori e spettatori.
Gli attori fanno finta di essere i personaggi.
Gli spettatori sanno che gli attori stanno facendo finta.
Ma finisce che sia attori che spettatori si scordano di questa evidente finzione e cadono nell’incanto di vivere temporaneamente una vita diversa dalla propria.
Da mio padre ho ereditato alcune gocce di fortuna. Una di queste mi ha permesso di trovarmi ammesso ad uno dei luoghi più belli di questa città, una terrazza dove si realizzano incontri culturali speciali, dove si parla di libri, di musica, di cinema ed ovviamente di teatro. Dove il nostro anfitrionico ospite catalizza forze ed energie per il ristretto scelto pubblico dei suoi amici.
Nell’ultimo di questi incontri ho assistito alla conversazione tra Antonio Calbi e Monica Guerritore.
Mentre il tramonto trascolorava la pietra del Duomo, l’affabulazione della storia del teatro, rappresentata con semplicità e con garbo sulla terrazza dai due protagonisti, ci avvolgeva in un incanto indescrivibile.
L’occasione dell’incontro era una conversazione sul libro di Monica Guerritore, Quel Che So di Lei, una visione (letteralmente) di un noto femminicidio dei primi anni del XX secolo, quello di Giulia Trigona.
La vicenda risuona di gattopardi, di sciacalli, di leoni di Sicilia, dato lo stretto legame tra la famiglia Trigona e le famiglie Lampedusa e Florio.
Una Sicilia (un’Italia) che abbiamo visto al cinema o al teatro, di cui non abbiamo ricordi diretti, ma che esercita sempre un grande fascino, come testimonia il successo editoriale dei due libri di Stefania Auci.
La visione di Guerritore si estrinseca in un corridoio, l’ultimo percorso da Giulia Trigona verso il barbaro epilogo della sua vita.
In questo corridoio di un albergo romano, da ogni stanza arriva l’eco di una donna, un personaggio della fantastica carriera artistica della Guerritore, che racconta il suo pezzo di storia condivisa. Perché in ogni donna uccisa ci sono tutte le donne, le loro speranze, le loro illusioni, le loro passioni, i loro fraintendimenti:
“Il tragico femminicidio di Giulia ripete uno schema immortale, che ancora oggi si reitera: le donne abbassano le difese, non guardano con i mille occhi dei lupi, credono nell’amore come lo vedono gli occhi dei bambini e tentano la via nuova con lo stesso sguardo e lo stesso cuore di ieri. Ma vengono uccise da uomini che ne spezzano il volo, uomini senza strumenti davanti a una donna che cambia.
Non sono forse i cliché interiori, affettivi, seppur narrati da grandi artisti, a tenerci su strade già tracciate?”
Le donne raccontate da Guerritore nelle sette stanze che precedono l’orrore, sono donne speciali, sono donne che subiscono, sono donne che, infine, riprendono in mano il loro destino. Sono tutte donne che hanno attraversato la sua vita, portando sul palcoscenico la vita, calando nella sua vita il teatro.
Monica Guerritore, in questo raccontare le donne recitate e la loro sovrapposizione con Giulia Trigona, danza tra vita e teatro, con leggiadria ed eleganza, entrando ed uscendo da quell’inganno che ci aveva spiegato Gassman, regalandoci la magia di questo ritmo e le figure più ardite di questa danza.
Da Bergman a Woody Allen, da Cechov a Strindberg, da Verga a Flaubert, Guerritore intreccia le vite di queste donne e ci regala una visione femminile, da attrice, da regista, da donna della partecipazione delle donne ai loro femminicidi:
“Di cosa moriamo, noi donne, oggi come un tempo?
Del volo in un mondo non ancora inventato, della ricerca di un modo di essere forti, virili e sensuali, accoglienti e attente. Del bisogno di una biografia nuova da scrivere, dove riconosceremo noi stesse finalmente diverse, attraverso immagini e storie ancora da inventare. Ma fino a quando i nuovi racconti, le nuove immagini di noi stesse non daranno una forma compiuta al nostro nuovo essere, saranno la rabbia e il caos a guidare disordinatamente i nostri passi, concedendoci solo un’illusione di sicurezza e forza, esponendoci senza protezione al rischio mortale di un simile errore di calcolo.”
Giulia Trigona aveva, infine, preso in mano la sua vita, ma le fu fatale quell’errore di calcolo.
Ancora un altro passo figurato di danza tra teatro e vita e Monica Guerritore restituisce a tutte le donne, a tutti noi, cosa le ha insegnato il teatro (o la vita):
“La Forza è un termine femminile ed è inclusivo. Non va intesa solo in senso oppositivo: non serve solo alla difesa, o all’attacco. Forza, oggi, significa anche concederci quella parte mancante che ci permette di essere finalmente intere, di essere autonome ma anche di amare con abbandono e fiducia uomini che ci amino con altrettanto abbandono e altrettanta fiducia. Come è accaduto a me con l’uomo che ho scelto di avere accanto da ormai tanti anni, Roberto.”
Il linguaggio di questo libro, è denso, pieno, pensato, distillato. Ogni parola della sua scrittura ha il suo peso, non può essere spostata, o tralasciata, senza sbilanciare i passi della sua danza.
Sono solo un centinaio di pagine (due piene, zeppe, di nulla), ma condensano più di un secolo di arte e di cultura.
Una lettura profonda, nel senso che arriva nel profondo, danzando e volteggiando, lasciandoci cambiati, diversi, come sempre l’arte e il teatro fanno.
La conversazione sulla terrazza ha aggiunto ancora più bellezza, più fascino alla voce del racconto. Ha incarnato tutte le donne che abbiamo amato leggendo, nella donna speciale che è Monica Guerritore.
Tanta bellezza, tanta arte, tanta cultura, tanto teatro, tanta vita su quella terrazza. Tanto da immaginare un’orchestra che cominci a suonare il Valzer del Gattopardo e tutti i partecipanti comincino a danzare, sognando, tra vita e teatro, seguendo i passi della divina Monica Guerritore.