Il teatro di Eduardo ha segnato il Novecento europeo, ha tracciato una linea nella drammaturgia europea del secolo trascorso.
La misura della grandezza delle opere del suo teatro la si può cogliere nella longevità dei temi e delle trattazioni, nella forza che mantengono oltre il tempo e le latitudini.
Una particolare misura di questa grandezza sta nella sopravvivenza al loro principale interprete, l’autore stesso.
Ieri sera la Rai ci ha offerto una di queste occasioni di misura, di confronto. Ieri sera è andato in onda un film di Luca Miniero con Massimiliano Gallo e Vanessa Scalera, ispirato alla commedia che apre il secondo e più importante ciclo di opere di Eduardo, la prima Cantata dei giorni dispari, Napoli Milionaria.
Napoli Milionaria è una vera e propria perla del teatro europeo. Un dramma carico di tensioni sociali e morali, una riflessione profonda e dolorosa sulla condizione sociale di un popolo che ha conosciuto la guerra, una riflessione profonda e dolorosa sulla condizione di una famiglia, sui legami di questa famiglia, sulle assenze, sulle distrazioni, sulle colpevoli mancanze che privano di direzione una famiglia, che diventa emblema di una città, di un Paese, di un Continente.
Una tappa della riflessione costante di Eduardo sul padre, sulla sua funzione, sulla sua necessità, che approderà in chiave ancora più desolata, arrabbiata dieci anni dopo nei protagonisti di Mia Famiglia.
Il Gennaro Jovine di Eduardo è un personaggio con una sua parabola precisa, che va dalla progressiva ritrazione dalla sua funzione, fino alla scomparsa fisica, fino al ritorno consapevole, e fino alla riassunzione della sua funzione, concludendosi nella immortale battuta che ha segnato la storia del teatro: “addà passa’ ‘a nuttata”.
È riuscito il film di ieri sera a restituire quella tensione, quel carico di ragionamenti, quella Cantata che ha congegnato Eduardo?
La risposta sintetica purtroppo è no.
Ma il gran lavoro svolto merita una più approfondita riflessione e risposta.
Andiamo per gradi.
La fotografia, la scenografia, i costumi, le musiche, il suono sono di prim’ordine. Passione e Pino Daniele sono scelte azzecatissime.
Rendono questo film un gioiello, esportabile in tutto il mondo.
Un vestito molto accattivante che mi auguro avvicini tanti, giovani e non, a questo film, che dia a tanti l’occasione di conoscere l’esistenza di un dramma di questa potenza.
Infatti, dai commenti sui social, compreso il nuovissimo e sorprendente Threads, emergeva chiaramente che c’era una grossa fetta di spettatori che vedeva per la prima volta Napoli Milionaria.
Quindi diamo merito a un’operazione che consente a chi non conosce il teatro di Eduardo l’opportunità di scoprirlo.
Vanessa Scalera è un’attrice che non mi coinvolge molto. La sua recitazione mi appare sempre troppo farsesca, troppo sopra le righe, troppo colorata, troppo urlata, troppo truccata.
Eduardo recitava togliendo. Recitava a volte di spalle per tanti minuti, immobile, con un filo di voce. Pretendeva dagli attori e dalle attrici uguale attenzione, riserbo, cura, sottrazione.
Forse se avesse potuto recitare in compagnia con Eduardo, questi sarebbe riuscito a smussarne le esagerazioni, a stondarne gli spigoli, a frenarne gli eccessi, chissà. Così risulta un tradimento dei paradigmi che Eduardo impose al suo teatro.
Rimane in sospeso una domanda circa la necessità di abbandonare quei paradigmi per rendere più moderno e più accettabile il teatro di Eduardo ai tempi delle serie tv. In caso affermativo la Scalera compie questa operazione.
Massimiliano Gallo, invece, è un attore napoletano a cui sono molto affezionato. La sua recitazione è molto eduardiana. Sia che impersoni il trascurato marito di Imma Tataranni, sia che rivesta i panni dell’avvocato Malinconico di Diego Da Silva, espressioni, voce, mimica e gestualità rimandano a quel mondo, a quel teatro, a quello stile di vita.
Il suo Gennaro Jovine è molto credibile, molto ben assestato nel suo ruolo, fino al ritorno dalle esperienze tragiche della guerra in assetto da reduce. Però, forse per intuizione del regista, nell’ultima parte del dramma si allontana dai paradigmi di Eduardo anche lui.
Alcuni scoppi di rabbia, alcuni gesti frettolosi, alcuni tagli dell’importantissimo dialogo conclusivo suonano incongrui.
Ma non è solo un tema di interpretazione, di recitazione. Ho avuto la sensazione che una parte del tema trattato dalla commedia si sia così perso.
Nell’insieme mi è parso che Gennaro Jovine abbia introiettato Alberto Stigliano di Mia Famiglia.
Laddove Jovine non giudica severamente, ma si rende conto di essere stato corresponsabile con la sua assenza, prima virtuale poi reale, della deriva familiare, Stigliano è correo non pentito, accusa, giudica, ignorando le sue colpe.
Eduardo in Napoli Milionaria rappresenta una famiglia alla deriva a causa degli effetti della guerra su tutti i componenti e indica una via di solidarietà, di riappacificazione, di preminenza dell’amore sulla guerra per uscire dalla desolazione in cui la guerra ci ha lasciato.
Il pur bravo Massimiliano Gallo non ha dato pienezza a questo tema, lasciando solo sulle spalle di Amalia il peso della deriva.
Il sospetto che non dipenda dalle capacità recitative di Gallo, ma dipenda dall’impostazione del regista Miniero è avvalorato dal contestuale taglio e riduzione del dialogo tra il ragioniere e Donna Amalia, che si accontenta di qualche sguardo fisso ed espressivo. Nonché dai vari tagli operati ad altri dialoghi, primo fra tutti la disquisizione filosofica popolare sulla guerra nella prima parte della commedia.
Il punto più basso, per una molteplicità di motivi e di piani di lettura dell’opera, il film lo ha toccato nella scena in cui Settebellezze e Menzuprevite si accordano per la cena di compleanno a casa di Donna Amalia. Inserire in quella scena echi del dialogo tra Pasquale e Felice circa la spesa dal casalduoglio, centrale in Miseria e Nobiltà, incarna più di un tradimento dell’opera di Eduardo, a tratti davvero intollerabile.
Miseria e Nobiltà fa parte del patrimonio teatrale di Scarpetta, di cui era figlio non riconosciuto Eduardo. Per quanto sia cresciuto dentro quel teatro (anche Eduardo debutta nella parte di Peppiniello, come tutti gli attori della famiglia Scarpetta De Filippo), per quanto Eduardo stesso abbia contribuito all’evoluzione di quel teatro con le commedie della Compagnia Fratelli De Filippo, proprio con Napoli Milionaria, prima commedia che segue lo scioglimento della Compagnia e il litigio con Peppino, Eduardo vuole segnare un netto distacco dalle opere precedenti. Vuole passare dalle Cantate dei giorni Pari alle Cantate dei giorni Dispari.
Proprio con Napoli Milionaria Eduardo vuole affrontare i nodi sulla disfunzione paterna che gli stringono l’anima proprio in conseguenza del suo status di figlio non riconosciuto, dei suoi problemi personali, familiari e professionali con Eduardo Scarpetta e tutta la famiglia Scarpetta.
Strizzare l’occhio allo spettatore televisivo, richiamandogli alla mente il Totò di quel dialogo, facendo un mash up tra le due commedie, come si usa nella musica, annacqua il tenore dell’opera, svilisce il messaggio universale, eterno, e inimitabile di Napoli Milionaria.
Ultima nota negativa che voglio sottolineare, che riguarda non solo questo film, ma è una pessima abitudine che ha preso la Rai di recente, la rilevo nella sintesi dell’opera che anticipa la messa in onda. Sicuramente è funzionale alla trasmissione di un altro pacchetto di spot tra questa anteprima e l’inizio effettivo, ma compie numerose volte il delitto inaccettabile di spoiler: molte scene chiave vengono intraviste e depotenziate. Nel caso di Napoli Milionaria, per chi conosce bene la commedia, le anticipazioni potrebbero sembrare meno gravi, ma anche per me, sentire pronunciare la fatidica battuta dopo il carosello di scene anticipate è una delusione profonda. A quella battuta bisogna arrivare colmi della tensione accumulata durante lo svolgersi della vicenda. Anche se so benissimo che si chiuderà così, voglio arrivarci dopo il passaggio attraverso tutte le stazioni del viaggio.
Napoli Milionaria senza Eduardo, senza la sua recitazione, può benissimo sussistere e portare al mondo e alle nuove generazioni il suo messaggio importante, imprescindibile. Come ha potuto rilevare chi ha avuto la fortuna di assistere alle rappresentazioni con Luca De Filippo.
Ma non può sussistere, non può portare al mondo e alle nuove generazioni il suo messaggio, se oltre all’attore Eduardo togliamo articolazioni del suo pensiero drammaturgico, del suo congegno teatrale, della sua volontà di comunicazione.
Per fortuna c’è RaiPlay…