Lentini, provincia di Seoul? – Un canto nell’oscurità di Yami – edizionitaliane.it

Siamo stati adolescenti (e forse ancora un po’ lo siamo, a dispetto dell’età) e abbiamo amato l’horror (e forse ancora un po’ lo amiamo).

Nel nostro immaginario l’horror si divide in due grossi tronconi, uno privilegia il terrore, l’altro privilegia l’orrore.

Nel terrore il racconto scritto o filmato fa leva sulle nostre paure più intime, sulle nostre più recondite anse interiori. Non si può non pensare al definitivo capitolo di Shining del maestro Kubrick, o al meno conosciuto ma altrettanto terrificante La casa dalle finestre che ridono di Pupi Avati.

Nell’orrore il racconto scritto o filmato fa leva sulle nostre immediate reazioni di disgusto, di ribrezzo, sulla più superficiale intollerabilità di scene splatter. Numerosi esempi potrei fornire.

A Lentini vive una giovane scrittrice che si palesa solo con il nom de plume di Yami che si cimenta con la prima declinazione dell’horror di cui abbiamo detto.

Un canto nell’oscurità si chiama il suo romanzo, dichiaratamente horror.

Il racconto di una persecuzione, di una fuga dal male, da se stesso. Ambientato negli USA, ma di ispirazione sudcoreana, come il suo protagonista, Alexander Choi e lo pseudonimo dell’autrice. Yami, infatti, significa oscurità.

A spazzare ogni dubbio sulla matrice del racconto, la scelta dell’esergo di ogni capitolo: citazioni da successi K-pop, dalle videoclip piene di atmosfere cupe e terrorizzanti, attraversate dagli inconfondibili passi di danza coordinati del genere. Piccoli film con i cloni coreani del mitico Michael Jackson, con i tagli di capelli colorati tipici di quella parte del mondo.

Kang Daniel

In questo racconto troviamo fughe in auto per interminabili autostrade che confondono il guidatore, una straniante villa isolata, popolata di personaggi che fanno paura solo a vederli (quando li vedi).

Situazioni curiose, trappole da cui non ci si riesce a liberare.

Feste temibili, anche un ballo che strizza l’occhio al Gattopardo con un crescendo da valzer a mazurca e finire in polka, come fosse un vortice che imprigiona.

Fino alla rivelazione finale che, se possibile, farà ancora più paura delle pagine precedenti.

La penna di Yami è giovane e spesso indugia immaturamente nella definizione e nel dettaglio, ma guida sicura il lettore verso la soluzione finale, come in uno dei balletti dei video citati.

Le atmosfere coreane, ormai familiari a molti, dopo Parasite, Squid Game, e la enorme produzione di film e serie tv che imperversano sulle piattaforme televisive, sono catturate dalla sensibilità di Yami e tradotte sulla pagina per il godimento del lettore.

Nessuna paura, Yami tornerà ancora a farci spaventare, la stoffa l’ha dimostrata già più volte. Non ci resta che aspettare il prossimo romanzo.

***

Ieri sera l’abbiamo incontrata a Lentini nel Centro Polifunzionale della Biblioteca Civica Riccardo da Lentini.

Introdotti dal dirigente Cardello, abbiamo avuto l’opportunità di conoscere una giovane scrittrice appassionata e appassionante. Con cui abbiamo parlato del suo ultimo romanzo, ma non solo.

Con gli intermezzi delle suggestive letture di Simone Giallongo, Yami ci ha raccontato del suo amore, ai limiti della dipendenza, per la cultura orientale dal Giappone alla Corea del Sud. Spaziando dalla K-pop ai K-drama, per circa due ore, l’invasione audiovisiva e musicale sudcoreana ha incuriosito e stuzzicato i tanti spettatori intervenuti.

Le tante domande dal pubblico, il vorticoso firma copie alla fine, hanno messo il suggello a questa insolita, eccentrica, ma molto suggestiva serata dedicata all’oriente esotico e alla passione di Yami per la letteratura horror.

Alla fine una applaudita richiesta dal pubblico ci ha impegnato a preparare una serata insieme, Yami e Gingolph, nella quale guidare un viaggio dentro i film, le serie tv, ma, soprattutto, la musica che dalla Corea del Sud arriva in Occidente a farsi conoscere e amare.

Impegno preso. Appuntamento segnato per una serata all’insegna della Hallyu, l’invasione della Korean Wave. Yami e io vi aspettiamo.

Alla fine dell’incontro, per definire un ponte ideale che colleghi Lentini a Seoul, ci siamo fatti dire da Yami come si dice Iris in sudcoreano: Iris si dice, come in tutto il mondo.

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