Infuriano le polemiche sulla dozzina “stregata”.
Polemiche di natura tecnica circa l’insensatezza dei meccanismi del Premio Strega, e circa l’impossibilità fisica di leggere ottantadue libri in maniera sufficiente per esprimere una valutazione consapevole.
Polemiche di natura qualiquantitativa che puntano a raffrontare i volumi di vendita in funzione di misurazione della qualità della proposta.
Polemiche di natura letteraria che mettono in discussione il valore letterario di alcune proposte, vuoi per autofiction, vuoi per finalità saggistiche dissimulate narrativamente, vuoi per l’insufficienza della capacità narrativa.
Tutte queste polemiche non sono nuove, accompagnano il Premio Strega più o meno ogni anno, con una intensità variabile a seconda dei tempi.
La polemica nuova riguarda uno dei dodici candidati al Premio: Dalla stessa parte mi troverai di Valentina Mira, per SEM Edizioni, della famiglia feltrinelliana.
La polemica riguarda il contesto socio politico in cui ci troviamo in questo momento, riguarda la dinamica pre elettorale, le difficoltà intrinseche alla maggioranza di governo, segnatamente a Fratelli D’Italia e i suoi esponenti istituzionali, Presidente del Consiglio in testa, a fare i conti con quel passato, nonostante le timide svolte di Fini.
Il libro di Valentina Mira racconta una storia che interseca la Storia. Racconta la storia di Rossella e Mario, due giovani attivisti di sinistra della periferia romana, che un giorno sbattono irreversibilmente contro il tram della Storia più grande, e ne vengono travolti.
Mario Scrocca viene arrestato a ridosso del Primo Maggio 1987 con l’accusa grave e infamante di aver partecipato al commando di cinque militanti comunisti che uccise due militanti missini nel 1978 ad Acca Larentia. Da quel duplice assassinio discendono sulla Storia conseguenze ingombranti fino ai nostri giorni che riverberano pesantemente sulla attualità, caratterizzata da manifestazioni di commemorazione che scandalizzano una parte degli italiani, ma che riscaldano un’altra parte.
Mario Scrocca, in stato di arresto, in isolamento in una cella anti impiccagione, viene trovato impiccato il giorno dopo, quando ancora il primo interrogatorio di garanzia non è stato ultimato.
Una vicenda, una storia, che assomiglia tante troppe storie che la nostra Storia si ostina a raccontare.
Valentina Mira racconta la loro storia sin dal primo incontro in cui giovanissimi si innamorano e decidono di non separarsi più. Racconta i fatti, le emozioni, le conseguenze, indaga le cause. Racconta i tentativi di fare chiarezza, la rabbia, le rinunce, la rassegnazione. Racconta gli sviluppi, l’epilogo. Racconta della fatica di Rossella, della resistenza di Tiziano, il loro figlio che aveva due anni nel 1987. Racconta di se stessa, della sua storia personale che le pesa come un macigno, che la fa sentire inadatta, che la spinge a superare, a superarsi, a riscattarsi dall’aver amato e seguito e condiviso un pezzo della sua storia con un fascista, manipolatore e narcisista, ma, soprattutto, fascista.
Racconta. Questa è la parola chiave.
Il libro non si prefigge di sviluppare una inchiesta e dare corpo a sospetti e a voci. Non vuole dare una risposta a domande insoddisfatte. Non vuole riscrivere la Storia. Valentina Mira vuole raccontare la storia di Rossella e Mario. Decide di assumere il punto di vista di Rossella, di accettare la sua ipotesi ricostruttiva, e la racconta.
Lascia aperti tutti gli interrogativi, anche se risponde a essi dichiarando la sua posizione.
Il suo antifascismo maturato nella consapevolezza di tutto quello che c’era di sbagliato nel modo di vivere con il suo fascista, con il suo fascismo, è radicale, è militante e si accompagna a Rossella e al suo mondo di allora e di oggi, al loro antifascismo militante.
La narrativa con cui racconta la storia di Mario e Rossella è nervosa, è scandita ritmicamente dalle emozioni provate rivivendola. Frasi brevi e spezzate. Descrizioni sintetiche e più emotive che ricche e particolareggiate. Al lettore viene voglia di accendersi una sigaretta, fumarla nervosamente e stritolarla nel posacenere ancora mezza e poi riaccendersene un’altra.
Certi particolari della vicenda carceraria e processuale indignano, irritano, fanno male. Come fa male la circostanza che la morte, più o meno indotta, di Mario gli impedirà il riscatto dell’assoluzione che ha liberato dall’accusa e dall’infamia gli altri quattro arrestati con lui.
Come spesso accade alle narrazioni, raccontare questa specifica storia di due ragazzi sfortunati si risolve nel raccontare la Storia di quei decenni, di quel Paese, di questo tempo, di questo Paese, che vede le forze che si identificano nelle vittime di Acca Larentia al governo del Paese.
Comprendo le polemiche politiche che accompagnano questa candidatura al Premio Strega. Da ogni riga, da ogni pagina emerge netta l’esigenza della consapevolezza della necessità dell’antifascismo, quale fondamento e collante della società civile. Emerge il dovere della militanza antifascista costante e indefettibile. Si comprende la pericolosità oggettiva della sottovalutazione, della derubricazione a goliardia di alcune manifestazioni.
Il tema è che questa necessità e questo impegno antifascista dovrebbero far parte della pre politica del Paese che ha insegnato al mondo il fascismo e i suoi orrori.
Il fatto che sia ancora tema di dibattito politico, di polemiche politiche, conferma che non tutte le storie che raccontiamo hanno insegnato al Paese il senso della Storia, che è ancora necessario raccontare tutte le storie per evitare che la Storia si ripeta.