Lentini abbraccia Erika Ragazzi e il suo violino – Sabato 13 aprile – Biblioteca

Non è stato un sabato qualunque.

Già prima dell’orario previsto per l’inizio le sedie a disposizione del pubblico erano tutte piene. Si sono riempite pure quelle aggiunte dalle sempre cortesi e disponibili Lucia e Antonella, angeli della Biblioteca Civica.

Erika Ragazzi, la violinista guerriera, la tzigana anguicrinita, ha offerto ai suoi concittadini l’esperienza di assistere dal vivo alla presentazione del suo ultimo disco, Nativo.

Nell’ombra delle montagne e nel canto del vento, si cela un’antica saggezza che attende di essere rivelata. Nel cuore stesso della Sicilia le note di Nativo risuonano come un richiamo ancestrale.

Nativo è un viaggio, dove il passato e il presente si intrecciano come rami di un albero antico, i rami di un albero genealogico.

Ha radici antiche, custodite nella tradizione millenaria, nella saggezza tramandata da generazioni. Ha lo stesso potere del vento che si agita e porta il nuovo a sostituire il vecchio, venando di malinconia per tutte le potenzialità nel frattempo inespresse.

Come ogni viaggio che si rispetti, Nativo, viaggia attraverso le profondità della nostra anima, alla ricerca della nostra essenza più autentica, della nostra connessione con il mondo e con noi stessi.

Come ogni viaggio che si rispetti, Nativo, ha aperto le menti e i cuori di chi ha ascoltato. Nuove prospettive, nuove possibilità, nuove consapevolezze. Ci ha insegnato che significa essere veramente “nativi” di questo mondo.

Erika ci ha raccontato del suo impegno multiforme a sostegno della musica, della libertà e dell’arte. Ci ha spiegato il grande lavoro di elaborazione della consapevolezza maturata circa le sue radici, il rapporto con la sua città, con la sua terra, con il suo mare. Ci ha mostrato l’esigenza forte e irrefrenabile di condividere questa consapevolezza con chi condivide con lei il territorio, la storia, la vita umana e professionale.

Questo ha reso unico e irripetibile il momento di condivisione di ieri sera a Lentini.

In una prima sessione, con l’assistenza tecnica del padre in consolle di regia, ha eseguito i primi tre brani dell’album.

Il primo è stato “The Ocean

La meccanica del brano è stata sorprendente.

Riproduzioni elettroniche di pianoforte e altri strumenti suggerivano un tema che veniva ripreso ed esteso dall’archetto sul violino.

Proprio come fanno le onde dell’oceano, che si impennano e si abbassano, si richiamano e si rilanciano tra loro.

Una corrente di fondo sospingeva il nostro ascolto verso un viaggio dentro di noi, spinti da questa ritmica, vagamente zingaresca.

Il secondo è stato “In the Open Space to See“.

A dispetto del campo aperto del titolo qui si raccontava una storia torbida.

Una storia di passioni degenerate.

Risuonava l’allarme di un giallo televisivo. Ci chiedevamo chi potesse essere il colpevole? Chi, e dove, stava indagando?

Nello spazio aperto sì, ma di un’isola. È stato siciliano l’andamento di questa vicenda, di questa indagine che inguaribilmente è rimasta senza colpevoli.

Ha chiuso questa prima sessione “Connection

Risuonava di un altro secolo, lontano, questa musica. 

La connessione promessa dal titolo non era tra qui e ora, ma tra qui e altrove, forse un’altra isola, l’isola gaelica, tra ora e allora, un altro tempo.

Restando nella metafora dello sceneggiato televisivo, questa storia ci ha fatto immaginare una donna che si riscopriva legata da una potente connessione a un’altra donna vissuta in epoche lontane, a cui magari somigliava in modo impressionante.

Gli stessi capelli neri, anguicriniti, gli stessi occhi dardeggianti, lo stesso archetto sullo stesso violino.

Una connessione nativa degli stessi rami, foglie di tempi diversi, ma dello stesso albero.

Tutto è connesso.

Erika ci ha parlato di un’altra passione che la attraversa, il cinema. Ci ha raccontato quanto alto sia il tributo che la sua musica deve al cinema. Un’altra forma di rappresentazione del flusso della linfa dalle radici, ai rami, alle foglie, che unisce la storia e la vita di tutti noi e si fa anima.

La seconda sessione di esibizioni è iniziata con “Elements”.

In questa musica emergeva prepotente la ritmica.

Tutti gli elementi hanno trovato un posto tra i beat. Ogni battito, un’emozione.

La malinconia sottesa a tutto il brano ha dato corpo alla delusione delle potenzialità non colte.

Tutti gli elementi esistono prima di questa composizione e possono assumere tutte le forme e le combinazioni. Le scelte, il tempo (la ritmica), impongono di precipitare in una forma, in una determinata composizione.

La sua bellezza è rimasta appannata malinconicamente dall’inespresso che non si esprimerà più.

È stato, quindi, il momento della composizione che dà il titolo a tutto il disco, quella che rappresenta l’essenza del progetto, “Nativo”, appunto.

Ha avuto un’eco tribale questo brano. Evocava savane esotiche, vie turcomanne cariche di mercanti e truffatori. Il fumo dell’oppio avvolgeva nell’ombra gli incantatori di serpenti.

Pungenti spezie solleticavano il nostro naso e adescavano la nostra volontà.

Una danzatrice agitava il suo ventre come insegnò a tutte le donne, Salomè la capricciosa. 

Anche Giovanni ammaliato dal suono, stordito dal fumo, inebriato dalla musica, sarebbe stato contento di poggiare la sua testa sul vassoio.

Sì può perdere la testa per una musica così. Letteralmente.

La seconda sessione si è chiusa con “This is wind”.

Una nenia, il racconto di un’altra vita, che si svolge su altre spiagge, su altre isole. Ancora una eco gaelica legava la nostra anima ad altre scogliere.

Erika ci ha raccontato che l’ispirazione per questo brano le è venuta osservando un esotico uccello che, dopo aver volato per terre assai lontane, faceva tappa sulla spiaggia del Sabbione, dove il mare fa invidia all’Etna.

Come il vento, quell’uccello univa e legava, culture diverse che si incontrano al largo di tutti i mari del mondo.

È la curiosità, la voglia irresistibile di conoscere, di aggiungere, di vedere con altri occhi, da un altro punto di vista, le cose, il demone che da dentro agita la ricerca musicale, e non solo, di Erika.

La serata si è avviata alla conclusione con un ultimo brano potente, intenso: “Delirium”.

Sono tornati i gorghi dell’oceano. Ma stavolta ci hanno fatto più paura. Si rincorrevano come le astronavi immaginarie del preistorico videogioco della nostra infanzia. 

I peggiori pensieri si sono impadroniti di noi.

Scendevamo, inesorabilmente. Scendvamo dentro questi gorghi. Il delirio che ci circonda ogni giorno non ci lasciava scampo.

Solo la pazzia poteva salvarci. Come ci ha insegnato il maestro Pirandello.

Solo nella pazzia avremmo potuto riacquistare la libertà di pensare, di dire, di urlare in faccia, tutto quello che vogliamo.

Il pubblico, attento e partecipe, a questo punto ha voluto intervenire. È stato il momento del ricordo, commosso ed emozionato, del preside Caponetto che ha visto crescere Erika, che ha ascoltato le prime esibizioni nelle lezioni sperimentali dedicate alla musica di quella scuola.

Due bis estratti dagli altri dischi di Erika hanno rinnovato l’entusiasmo del pubblico che ha salutato Erika Ragazzi a Lentini con una spontanea standing ovation di affetto e di passione musicale.

Questi Venti di Primavera del Comune di Lentini, frutto dell’impegno e della passione del Dirigente Pippo Cardello, sono sempre più sorprendenti e regalano alla città di Lentini preziosi momenti di cultura varia.

 

 

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