Quando mio figlio era piccolo ricevette in regalo un gioco da tavolo, una delle tante variazioni del gioco dell’oca, che si chiamava Il gioco della Vita.
Con una simpatica automobilina, i giocatori percorrevano una lunga serie di caselle, girando una ruota della fortuna, in ognuna di queste caselle accadeva qualcosa che rallentava o accelerava il loro cammino, o arricchiva o impoveriva il loro patrimonio. C’erano caselle con eredità, cose da pagare, somme da incassare, esami da fare, matrimonio, figli, malattie, successi, e infine l’arrivo, il traguardo. Ovviamente vinceva il giocatore che arrivava prima, senza perdersi o impoverirsi lungo il percorso.
L’intento degli ideatori era sicuramente lodevole, ma lo smaccato pedagogismo del gioco annoiava i bambini, che smisero di giocarci dopo un po’.
Al mondo del gioco, nella versione interattiva del videogioco, appartiene l’idea distopica intorno alla quale Eleonora Lombardo ha costruito il suo romanzo Sea Paradise, edito da Sellerio, finalista al Premio Racalmare 2024.
Lombardo ipotizza una rivoluzione di usi e costumi, di leggi e comportamenti, che realizzi una società più efficiente, che superi i conflitti, che superi l’individualismo, che rinneghi la proprietà privata.
Un mondo dove tutto venga regolato in maniera efficiente dallo Stato, che conosce necessità e bisogni e impone soluzioni e strategie.
Democrazia e proprietà privata vennero smascherate e dichiarate inadatte a sostenere la nuova Società fondata sull’uguaglianza e la collettività. La solidarietà divenne la forma di amore più alta.
In questo “socialismo” senza sprechi e senza conflitti viene anche trovata una soluzione per “efficientare” l’anzianità: il protocollo Sea Paradise.
Compiuti i settant’anni, se si aderisce al protocollo, di tutte le necessità si farà carico lo Stato, richiedendo in cambio la partecipazione ogni anno a una lussuosissima crociera, che per qualcuno sarà il traguardo.
Nessuno sa se tornerà dalla crociera, ma non tutti torneranno.
Non aderire al protocollo comporterà disagi insostenibili.
Eleonora Lombardo alterna capitoli in cui racconta la prima crociera di due amiche Amanda ed Elvira, a capitoli in cui descrive analiticamente le regole del Protocollo di questa via socialista al senilicidio (o viceversa).
È l’occasione per compiere alcune importanti riflessioni su cosa significhi invecchiare.
Invecchiare vuol dire cominciare ad avere paura dell’attimo dopo. Mentre prima la vita è un costante flusso di attrazione, un desiderio instancabile di riportare a sé il domani, il futuro, il lavoro, l’amore, poi un giorno, come chi mette un piede fuori dalla porta e rientra perché ha sentito troppo freddo, si torna indietro e si resta sulla soglia del presente. Senza andare avanti.
Inizio ad avere paura di tutto.
Su cosa significhi la morte per chi vi si avvicina.
Il più stupido degli oggetti è destinato a sopravviverti. Ed è insopportabile.
Carlo non c’era più, ma in frigo esistevano i pomodori per la sua insalata. Il suo pigiama continuava a riposare sotto il cuscino, solo che non aveva più lo stesso aspetto caldo e confortevole di sempre, era diventato freddo e spaventoso. Anche il suo odore, sopravvissuto alle ceneri, un giorno all’improvviso è diventato freddo.
Per mesi i suoi vestiti sono rimasti appesi nell’armadio, un ordinato presidio di quotidianità, come le calze, le mutande. Lo spazzolino. Chi trova subito la forza di buttare lo spazzolino di un morto, di togliere compagnia al proprio? Oggetti che nell’ordinarietà dell’esistenza si rompono, buttiamo, cambiamo, ma che da un giorno all’altro diventano eterni, custodi sacri della vita che un tempo li animava.
La morte è l’odiosa realtà alla quale la materia sopravvive, stizzosamente.
Per riflettere sull’importanza di alcuni tratti della nostra esistenza, misurando la crudeltà delle regole protocollari che li conculchino. Un esempio per tutti la procreazione emancipata, una estesa e radicale applicazione del principio che tanto è del mondo che sono figli, i figli.
Emerge la consapevolezza che alcuni tratti più essenziali costituiscano l’anima della nostra vita, come la conosciamo, come la amiamo.
«E cosa è la vita?».
Guarda il cielo, le stelle. Cerca un suggerimento nel buio che ci circonda e poi dice: «Curiosità».
«Curiosità?».
«Il bisogno di girare pagina, di scoprire un sapore, di cercare una parola… di sapere cosa nascondessi sotto l’orchidea, di seguirmi fino al casinò. Questa è la vita. Ed è bellissima».
Questa crociera diventa, insomma, uno Squid Game edulcorato e soft, dove fare i conti con se stessi e dove può capitare di morire ballando in allegria.
Nella descrizione degli eventi quotidiani della crociera, o degli eventi ricordati dai vari viaggiatori, si sente una forte eco orwelliana. La soppressione del silenzio sempre sostituito da motivetti di pseudo bossanova ricorda infatti la musica per prolet, o, con maggior precisione, la ridondanza della canzone di Barroso, Brazil, che imperversa in tutte le scene del film omonimo di Terri Gillian, che del capolavoro di Orwell, 1984, è la più riuscita trasposizione cinematografica.
Orwelliane sono le riflessioni sulla neolingua che disumanizza, omologa, imprigiona.
«Parliamo la stessa lingua. Siamo decifrabili, a chiunque. Soprattutto all’algoritmo del Sistema. La poesia è l’unica lingua che gli sfugge. E io voglio essere libero».
Come orwelliana è la manipolazione della memoria, dei ricordi, per controllare il presente (e il futuro).
È una faccenda di cuore il ricordare. È il cuore l’organo del ricordo. Ridare vita a quello che non c’è più, distendersi sul passato, cercarvi conforto e, a volte, trovarvi disperazione.
Io ricordo il minimo indispensabile. Nessuno di noi vuole più ricordare. Abbiamo buona memoria, la memoria viene allenata quotidianamente perché ha un alto valore sociale. È un atto pubblico tenere a mente le cose, sapere cosa è successo e che conseguenze ha avuto o potrebbe avere. Abbiamo memoria di quello che si deve e non si deve fare. Abbiamo memoria del nostro passato e costruiamo il futuro. Nel nostro olimpo laico, laicissimo, le muse sono tornate di moda e rappresentate in fogge avveniristiche. Nell’atrio di quasi ogni scuola fiammeggia vivida un’opera olografica che rappresenta Mnemosyne, la madre delle muse perché è la mente che sa mantenere il passato e riconosce l’enorme valore etico delle arti che hanno il compito di perpetuare la bellezza nel tempo.
La memoria serve al futuro. Il ricordo appartiene al passato.
La strisciante (mica tanto) dittatura efficientista del nuovo mondo rivela tratti etici intollerabili. Come tutte le dittature fa della morale un’arma contundente contro i diritti, i bisogni, le esigenze non contemplate dai principi cristallizzati dai protocolli.
L’impiego di risorse sanitarie a scopo estetico è assolutamente vietato. Gli interventi di ortopedia sono coperti dal SSM solo nei casi in cui il trauma è ascrivibile a una causa determinata durante le attività lavorative. La cardiologia non è più autorizzata a riparare situazioni compromesse da un cattivo stile di vita. Lo stesso vale per l’odontoiatria. Niente otturazioni, placche e protesi che non fanno altro che aggravare l’inquinamento della Terra.
Il cuore, i denti, gli arti vanno preservati, non riparati.
Come ogni forma di distopia rigidamente organizzata, crudele ed efficiente, anche il protocollo Sea Paradise genera dissidenze clandestine, che daranno sapore di avventura a molte pagine di questo libro. E anche questa resistenza nascosta rivela una matrice orwelliana.
In ogni caso per i protagonisti di questo romanzo, nonostante le rigidità protocollari, ci sarà sempre lo spazio della scelta. Anche se non tutti gradiranno.
La libertà? E chi se la ricorda la libertà. Che cosa è mai stata per me la libertà. Che condanna la libertà.
«Sono salita su questa nave per smettere di scegliere, non mi interessa la tua libertà».
Ogni scelta comporta assunzione di responsabilità. Da queste scelte dipenderà come e quando si arriverà alla casella del traguardo. Queste scelte riveleranno natura e carattere dei personaggi, e daranno senso più compiuto alla vita già vissuta.
Quanto ai personaggi, Amanda ed Elvira sono due forme opposte e complementari di amore per la vita, che compiranno le loro scelte seguendo la loro intrinseca e ineludibile natura.
Amanda, che tutti amano per la sua allegria (nomen omen), è la raffigurazione della donna che vive e si anima di passione, di cuore, di vitalità, a dispetto degli inciampi, delle malattie, degli ostacoli che si frappongono al suo cammino. E sceglierà inseguendo la sua passione, più che il suo conveniente.
Elvira, che sente pesi e responsabilità, private e pubbliche, sociali e intime, vive e si anima della sua irrefrenabile curiosità, e quella seguirà al momento della scelta.
Due caratteri a cui i lettori si affezioneranno subito: ognuno di noi ha un’Amanda nel cuore, o una Elvira nel ricordo.
Nel gioco della Vita di mio figlio la casella finale del traguardo era certo la morte, ma da nessun elemento era intuibile per i bambini che fosse proprio così. Ed era propriamente giusto vista l’età dei potenziali giocatori.
Il gioco distopico della Sea Paradise costruito da Eleonora Lombardo in qualche modo nasconde anch’esso che la tappa finale della crociera (prima o poi) per tutti sarà la morte, ma vista l’età dei giocatori non è propriamente giusto, come ogni società rigidamente pianificata con finalità efficienti e moralizzanti che conculcano la straordinarietà della varietà umana.
“Era bellissimo essere incivili. Eravamo più vivi.”