Il Malato Immaginario di Moliere (e di Salvo Ficarra) – TDC Siracusa – 7 – 10 novembre 2024

Spente le luci, aperto il sipario, nella penombra che esaltava le ombre cinesi sulla parete di fondo del palcoscenico (espediente teatrale e cinematografico che fa molto Leone e la sua America), le note vagamente cialtrone di una orchestrina jazz che trapiantava New Orleans nella Civita ci hanno fatto subito capire a cosa saremmo andati incontro.

Chi poteva aspettarsi un Moliere in parrucca trinariciuta, con arredi belle epoque e sottofondi sontuosamente lussuosi alle risate suscitate dallo spettacolo, sapendo che la regia e l’anima di questo Malato Immaginario è di Salvo Ficarra, contitolare della premiata ditta omonima?

La scenografia, infatti, si presenta subito come la prima novità. Francesca Cannavò, scene costumi, e Alfio Scuderi, luci, hanno pensato a uno spazio bianco aperto, essenziale, lineare, con dei gradoni che convergono al centro dove sta assiso sulla sua poltrona centrale (in tutti i sensi) Argan, il Malato (un Angelo Tosto che occupa manu militari la scena e non la lascia più fino ai saluti). I lati del palcoscenico presentano porte e aperture tono su tono, che preparano l’animo dello spettatore ai tanti ingressi dalla comune e altrettante uscite per la comune (come si usava nei copioni di una volta) che animeranno la scena.

Il primo monologo di apertura di Angelo Tosto, decisamente in stato di grazia, è un’altra piacevole sorpresa. Il cast è tutto siciliano, Ficarra, che ha adattato il testo e curato (mai termine fu più giusto) la regia, è ipersiciliano. Eppure sin dalle prime battute non sentiamo il profumo tipico delle rappresentazioni teatrali locali, sicule più che siciliane. 

Precisiamo subito che non ho nulla contro il teatro alla Martoglio, il teatro Stabile di Catania, con fior di artisti e di gloriose storiche rappresentazioni.

Sottolineo però con piacere che il testo, il regista e la compagnia hanno dato vita a uno spettacolo brillante, più simile al teatro borghese brillante che al teatro dialettale. Il già citato Angelo Tosto, la sorprendente Giovanna Criscuolo, Antonia la cameriera, che ha intrecciato le sue battute come in una danza swing con il Malato, con tempi e risultati umoristici e brillanti, e tutti gli altri componenti della compagnia, hanno regalato al pubblico della prima divertimento e spensieratezza .

Sul palco ha risuonato un italiano regionale che ha mantenuto salda la sua radice nella nostra isola, ma non se ne è fatto imprigionare.

Le musiche di Lello Analfino hanno fatto da ulteriore personaggio nello sviluppo della vicenda fino al sorprendente epilogo (sorprendente nella realizzazione, ovviamente).

Al raggiungimento del prevedibile e noto happy ending della vicenda di Argan e della sua famiglia, costumi e luci sono esplosi nei colori sgargianti e allegri della commissione di laurea e nel ballo e nel canto corale che hanno trasformato in musical il testo francese.

Tutta la compagnia, quelli sul palco e quelli dietro il palco, ha raccolto la meritata pioggia di applausi che ha coronato questa prima rappresentazione che lascia presagire una scia di successi a venire nelle piazze che la aspettano.

Dopo la rappresentazione ci siamo attardati a commentare con vivo entusiasmo lo spettacolo e a tributare ancora complimenti alla compagnia che alla spicciolata lasciava il teatro. Ho, quindi, potuto arpionare Salvo Ficarra e fargli una domanda che mi solleticava.

Quando uno è abituato a guidare sempre lui la macchina, se per qualche motivo, scelta o impedimento, è costretto a sedere sulla scomoda poltrona del passeggero, lasciando guidare altri, non riesce a reprimere l’istinto di osservare, commentare, criticare, reagire verso il malcapitato guidatore. Ho chiesto a Ficarra, dopo anni che sul palcoscenico o sul set è sempre stato lui, mettendoci la faccia e il resto, a “guidare”, a recitare, a impersonare, a regalare al pubblico il personaggio, come si è sentito a restare dietro il sipario, a guardare altri fare quello che ha sempre fatto lui?

Sulle prime ha riposto con studiata diplomazia che è un’emozione diversa, altrettanto grande e bella. Ma quando ho insistito chiedendogli se non gli è mai venuto l’istinto di uscire sulla scena e dire scansate nino che lo faccio io, non ha resistito e mi ha detto che si, avrebbe voluto fare tutto lui, impersonare tutti i personaggi lui!

E così è stato, amici, se riguardiamo con questo occhio tutto lo spettacolo, dall’orchestrina cialtrona, alle ombre cinesi, ai ritmi e al suono delle battute e della recitazione, al musical finale, ci accorgiamo che Salvo Ficarra ci ha messo la sua anima dentro e la possiamo riconoscere in ogni dettaglio, e la compagnia è stata superlativa nel rappresentarci la sua anima in ogni battuta, in ogni angolo della scenografia, in ogni costume in scena, in ogni taglio di.luce, in ogni nota di Lello Analfino, sodale già plurisperimentato. Uno spettacolo che è teatro brillante tradizionale, ma anche teatro moderno, ma anche cinema, ma anche musical.

Ieri sera abbiamo assistito al Malato Immaginario di Salvo Ficarra, ed è stato un vero godimento dell’anima.

Non perdetevi le prossime rappresentazioni.

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