Un sogno a Istanbul – Teatro Massimo di Siracusa 21-24 novembre 2024

Solo così si poteva portare sulla scena il romanzo di Rumiz, La Cotogna di Istanbul. La ballata emozionante che dondola di pagina in pagina ha trovato nella fisarmonica, nella chitarra, nella voce, nell’anima musicale di Mario Incudine, il tempo e il ritmo del ricordo, della nostalgia del futuro, della passione e del dolore che tracimavano da quelle pagine.

La storia di Maša e Max, la storia d’amore, la storia di storie di guerra, di malattia, di dolore, di vita che va oltre la morte e si sublima nel ricordo, nel paradigma ha occupato prepotentemente il palcoscenico del Teatro Comunale di Siracusa ieri sera. E ha occupato prepotentemente le anime degli spettatori che occupavano palchetti e poltroncine.

Chi meglio di Maddalena Crippa avrebbe potuto incarnare i lunghi femori e gli occhi tartari di Maša?

Chi meglio di Maximilian Nisi avrebbe potuto incarnare l’omonimo ingegnere austriaco che offre quel che resta della sua gioventù a questo amore intenso e perduto sin dal sorgere?

Quale voce, quale impermeabile avrebbe potuto raccontare questa storia con le ceneri in mano affettuosamente custodite per tutto il tempo, meglio di quelli di Adriano Giraldi?

Una regia attenta alla dislocazione dei gesti teatrali in tutto lo spazio abbracciato dallo sguardo dello spettatore, quella di Alessio Pizzech, ha guidato coreograficamente i passi dei tre uomini e della donna che hanno ballato sul palco.

L’insieme di queste forze ha restituito agli emozionati spettatori tutto il senso pieno della Cotogna originaria. Tutto il senso della vita che si ostina a prevalere sugli inciampi, sulle guerre, sui disastri, sui lutti, sulle malattie, sulle travi che si abbattono lungo il cammino.

La rossa Maša non ha spento la fiamma che alimenta la sua vitalità disperata, ma inesauribile, nemmeno davanti alla guerra atroce della Bosnia, Destino d’Europa.

Nemmeno davanti alla carcerazione dell’amore di una vita, che interrompe sul nascere la vita in comune.

Ha trovato una sua personalissima via alla maternità, insopprimibile urgenza, anche se questo la porterà ad una dolorosa prevista, contrattualizzata quasi, separazione.

Nemmeno davanti alla beffarda morte collaterale che spezza definitivamente quella vita in comune attesa da tanti anni.

Nemmeno davanti alla malattia che la rode dentro come un verme, che la fiacca, che la annichilisce, che la spegne, anche se vivrà nel ricordo di tutti coloro che la amarono.

È lei la vera cotogna. Il frutto apparentemente ostico, respingente, che matura in tempi insalubri, che non si mangia, senza una adeguata preparazione che lo trasformi in impasto dorato, in nettare dolce e suadente, nella marmellata che allieta le tavole natalizie nelle varie forme ittiche. Che allietava, forse. 

La vita, la passione trovano sempre la via per uscire allo scoperto, per rubare spazio al tempo. Anche da un frutto bitorzoluto, ma dal profumo tanto intenso da sdegnare, nasce sotto forma di marmellata. 

Maša esplode di vita, anche sotto le bombe, anche dietro le sbarre, anche aggredita dal male, e danza dalla vita alla morte a passo di sirtaki.

Non perdetevi l’occasione nelle altre tre repliche di confrontarvi con questa passione tanto profumata da stordire a volte, che emana da una gialla Cotogna di Istanbul, con i capelli lunghissimi, i lunghi femori e gli occhi nerissimi che Maddalena Crippa ospita dentro le sue membra per il tempo di una ballata.

Se vi è piaciuto seguitemi o ditelo ad altri

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *