È curioso che tra le mie letture ad essere vittima del terzo comandamento del decalogo di Pennac (diritto di non finire un libro) finiscano sempre i libri di Pennac stesso.
Ho cominciato a leggere “La legge del sognatore” in vista delle celebrazioni del centenario della nascita di Federico Fellini, cui è espressamente dedicato il romanzo. Ho visto tutti i film, ho letto saggi ed articoli, ho seguito trasmissioni dedicate al Maestro. Cercavo in questo romanzo nuovi stimoli, nuovi spunti, per pensare, dire qualcosa di nuovo su Fellini, ma sono rimasto deluso.
Il romanzo cerca di scrivere sogni infantili, colorati e fumettosi, frutto di equivoci semantici (la luce è come l’acqua). Spaventosi e attraenti come possono essere i sogni dei bambini. Il risultato è molto stucchevole, per niente potente ed evocativo, come sono invece alcune memorabili scene dei film di Fellini.
Gli spunti nuovi mi sarebbero serviti per preparare la prolusione a “8 1/2” che avremmo visto con gli amici del mio privatissimo CineClub di Casa Gingolph.
La domenica pomeriggio è sconfinata nel lunedì scambiandoci le emozioni provate nel vedere o rivedere questo capolavoro.
Delle tante anse che ha preso il dibattito, la più tortuosa e la più avviluppata ha riguardato il punto di vista intrinsecamente e profondamente maschile del Maestro, nel trattare i temi universali del film.
Un dibattito appassionato ed appassionante tra amici, dolcini e liquori, che solo un film denso di immagini, di ricordi e sogni, mischiati vorticosamente può suscitare.
A cui il libro di Pennac non aggiunge alcunché.
Nella mente, nei sogni, e nei film di Fellini la luce è vino liquoroso, non acqua.
C’è qualcuno che ha letto il libro di Pennac o visto 8 1/2 e che vuole commentare qui sotto il libro o il film, (aiutandomi a dare un senso a questo neonato blog)?