Nel 1962 uscì il film Salvatore Giuliano di Francesco Rosi. Tante pagine sono state scritte su questo film, sul suo bianco e nero, sulla recitazione dei tanti presi dalla strada, sul valore civile, e politico dell’opera. Il commento che mi è rimasto più impresso però fu quello di Sciascia, che raccontò le sue impressioni sul pubblico, in tutto e per tutto simile ai personaggi sullo schermo, in un cinema di provincia siciliano:
“I contadini si riconoscevano nei contadini del film, nei caprai, negli imputati che stavano nella gabbia dell’Assise; riconoscevano il pianto della madre, il furore delle donne; e l’eterna arroganza della ‘legge’, l’eterno tradimento che gli uomini della ‘legge’ seminano con oblique protezioni, con sinistri compromessi. Capivano tutto, senza nemmeno lasciarsi intrigare dal montaggio: piuttosto arduo, piuttosto ‘difficile’.” (Leonardo Sciascia – La Corda Pazza – Einaudi, 1963)
L’altra sera quando, approfittando del mercoledì scontato, siamo andati a vedere Tolo Tolo di Zalone, ho pensato che sarebbe servita la penna illuminista di Sciascia per raccontare il folto pubblico che ha applaudito il film.
Un film diverso dai precedenti di Zalone. Una lunga impietosa accusa, beffarda e insolente, alla maggior parte delle persone che si sbellicavano dalle risate. La maschera di Zalone, forse mai così nitidamente prima, rinfaccia dallo schermo tutti i corto circuiti da analfabeti funzionali ed emotivi, che riempiono i social, certi giornali e certi talk show (e certi cinema di mercoledì sera). Un uomo piccolo piccolo senza essere borghese, affetto da rigurgiti fascisti, fastidiosi come un’ernia iatale.
Il film mostra lo stesso stratagemma narrativo de La vita è bella: Checco accompagna un bambino attraverso l’orrore scherzandoci su. Nessun paragone possibile oltre questo, ovviamente, con la poeticità di quel capolavoro.
La maschera di Checco attraversa tutte le tappe dolorose dei migranti, come fece il giornalista Fabrizio Gatti per L’Espresso anni fa (prima degli accordi di Minniti), non lasciandosi turbare dagli eventi. Campi di prigionia, attraversamenti del deserto, scafisti, naufragi, salvataggi, sbarchi negati e poi concessi, tutto diventa pretesto per canzoni, lazzi e risate. Irresistibilmente attratto dal musical, Zalone, canta e celentaneggia su tutto.
Di grande potenza risulta la scena in cui, bloccati sulla nave di salvataggio senza ottenere l’agognata indicazione del porto sicuro, Checco prende il telefono ed urla alla Marina quanto sia indecente e vergognoso che a quelle persone (non animali o cose) sia negato lo sbarco.
Il film tocca vari generi narrativi, fino al cartoon disneyano con persone e disegni che interagiscono come in Pomi d’ottone e manici di scopa.
Il tentativo di dare vita ad una commedia all’italiana dalle risate amare è evidente. Il tributo ai maestri del genere è plateale.
In particolare durante l’ultimo tratto cartoon, Zalone, vestito da esploratore coloniale, si lancia nella famosa corsetta baldanzosa a braccia oscillanti che ha caratterizzato la maschera di Alberto Sordi. Il salto al capolavoro di Scola con Sordi e Manfredi “Riusciranno i nostri eroi a ritrovare l’amico misteriosamente scomparso in Africa” è stato immediato.
Forse non ho riso quanto mi sarei aspettato. Non so se per la qualità delle battute e delle scene, o per la durezza del tema o per l’imbarazzo di ascoltare alcuni commenti dei miei vicini di poltrona.
Chiudo con la bellissima colonna sonora che Trovajoli compose per il film di Scola:
Riusciranno i nostri eroi a ritrovare l’amico misteriosamente scomparso in Africa – colonna sonora