Tra jazz, memoria e pensieri volanti – The room of stolen freedom- Salvo Amore Trio

Nove incisioni in trio con Alessandro Borgia alla batteria e Christian Nuovo al basso costituiscono la trama del nuovo disco di Salvo Amore e la sua chitarra. The room of stolen freedom.

Ho ascoltato fino in fondo tutte le incisioni e solo alla fine ho capito la chiave di lettura giusta che ci suggeriva l’autore, cifrata nel piccolo brano, due minuti appena, dedicati a Kenny Burrell.

Ho dovuto, quindi, riascoltare tutti i brani di nuovo illuminandoli con quella illuminazione.

Facciamo insieme questo percorso, questo viaggio.

La prima tappa in questa stanza della libertà violata, defraudata, paradossalmente si chiama Liberi di…

Ci interroghiamo appunto su quale libertà sentiamo di aver perduto. Liberi di fare cosa? di farlo quando?

Una suite di nove minuti in cui echi diversi si rincorrono alla ricerca di un equilibrio, confluendo tutti verso l’andamento inesorabile del flusso del brano. Tra gli echi si sente prevalente una eco d’Oriente. Il riff principale ha un gusto tipicamente mediterraneo.

Sarà il bianco e nero della foto della stanza, ma nel gorgo di quel flusso ci sembra di trovarci nel cortile del carcere in cui Roberto Rossellini posizionò un insolito Totò a chiedersi Dov’è la libertà?

Abbiamo rotto il ghiaccio, l’atmosfera è creata, lasciamo la stazione di partenza e iniziamo la nostra marcia.

Cry for The Moon, è proprio una marcia, quasi militare, che basso e batteria tengono, nella quale ci tengono spettatori.

Come la Promenade di Mussorgsky, la marcia, il cammino, vagamente ipnotico, tornano ad ogni passo e ci portano ad assistere allo spettacolo notturno di una chitarra lupinara, una chitarra che, più che piangere o urlare, abbaia alla luna.

Forse il mal di luna è passato, ma ancora la notte no.

Introspective.

Svuotata dal dolore urlato, abbaiato, la chitarra si avviluppa e trova un nucleo di larga quiete, densa di malinconia e di nostalgia.

Che sia un timido tentativo di trovare la risposta alla domanda? Che sia qui la libertà che cercavamo?

La mattina si riparte con il viaggio. Sembra proprio di attraversare una US Highway, ascoltando Blues For Rachi.

Ritmi spezzati della batteria, riecheggiati dal basso, sostengono la chitarra nella sua ricerca lungo tutto il manico della nota, dell’anima di questo blues. Tendenzialmente parossistico. L’anima viene trattata come una grossolana grana di un rosario ateo, per una preghiera laica.

Dopo aver viaggiato tutta la giornata cercando il blues, ci fermiamo per la notte tra gli Sleeping fires.

Una notte suburbana in bianco e nero, ormai cifra stilistica di questo album. Esseri notturni occupano le strade di questa città, mettendola a ferro e fuoco. La chitarra sembra chiederci: mentre sotto la cenere della notte cova l’inferno, vui durmiti ancora?

C’è tempo per l’alba.

The sweet song of the stone, è la tappa che ci porta all’alba.

Non manca al basso il senso del tempo per consentire alla chitarra di scorrere come acqua su questa pietra, proprio questa qui che pesa in fondo al cuore.

Meno male che ci dissi l’acqua a’ petra, dammi tempo…

Una volta qualcuno ha detto che per sciogliere il dolore il rimedio è ballare.

Ma ballare la tua musica, le tue coreografie, trasformare in movimento il tuo spirito.

Quando rimaniamo impigliati nelle musiche di altri, nelle coreografie di altri, trionfa la nostra goffaggine.

La danza dei goffi, appunto.

Saltelliamo, giriamo su noi stessi, scartando di lato, sempre in bilico, aggrappati ad un precario equilibrio.

Chiediamo un passaggio al bolero incerto, insicuro, di Possible choices, per giungere alla tappa finale, la rivelazione.

Salvo Amore dedica la chiusura, e perché no, tutto l’album, a Kenny Burrell. Niente avviene per caso. Qui è proprio un atto deliberato, incontrovertibile.

Chi è Kenny Burrell?

Un magico chitarrista, erede della tradizione di Charlie Christian, che ha suonato con tutti i più grandi, fino dalla collaborazione ad una delle band di Dizzy Gillespie.

La critica lo osanna, lo giudica il miglior chitarrista jazz di tutti i tempi (va bene forse Django merita ancora il primo posto, come siete pignoli).

Ma Kenny Burrell non sfonda mai il tendone del palcoscenico, non diventa mai popolare, famoso, ricercato dal pubblico. Kenny Burrell trova sempre più agio nella sua comfort zone dell’insegnamento della chitarra all’università (non ha mai smesso, neanche nelle rare tournée).

Poco, senza smaniare, senza pretendere attenzione e spazio, predilige la formazione in trio e suona dove può e dove può divertirsi.

Chitarrista, insegnante, trio… ma qui Salvo Amore ci sta dicendo qualcosa.

Sta qui la libertà. Nello sfuggire allo star system, nel ballare la propria musica con le proprie coreografie, nell’accarezzarsi il proprio dolore come l’acqua con la pietra, nella libertà di abbaiarlo alla luna di notte, guardando dentro se stessi.

Amati dalla propria musica, che giace nel fondo della quiete di quel lago introspettivo.

Tra le possibili scelte la più sicura, la più serena, la più confortevole è già compiuta. Salvo resta nella sua stanza in bianco e nero, dove la libertà non potrà essere violata.

Cu dici ca lu carzaru è galera…

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