A chi non è capitato da ragazzo di sentirsi come il pazzo che va contromano in autostrada, che pensa che i pazzi contromano siano tutti gli altri.
A chi non è capitato da ragazzo di sentire che il mondo degli altri, dei grandi, vada troppo lento.
A chi non è capitato da ragazzo di cadere dentro un amore estivo da cui sembra impossibile venire fuori.
A chi non è capitato da adulto di ripensare a questi momenti di ragazzo, che si sono rivelati cruciali, delle vere e proprie sliding doors.
Ma non tutti ci scriviamo un romanzo. Non tutti trasformiamo questa memoria in narrativa.
Only the brave!

Mario Mattia finge di riscrivere Sciascia, mentre gli sfugge dai bordi il Patti che è in lui. Con la visione scientificamente corretta del geologo, anima le pietre di quell’estate. L’estate del 1972, quella che lancia la sua ultima ombra fino ai giorni nostri.
L’ultima ombra dell’estate per Piemme Edizioni.
Marco, le sue cugine, Tiziana, la borghesia paramafiosa di Licata, rifugio estivo, tutto concorre alla sua irrequietezza, che troverà humus nella lotta politica e lo porterà dove non doveva andare. A bruciare quello che resta della sua vita, quello che resta dell’ombra di quell’estate, l’ultima ombra di quell’estate.
Tra terreni, affari più o meno loschi, amori puri nati intorbiditi, vanghe con le scanalature e pure la Biddina, Loch Ness in salsa sicula, si dipana un racconto avvincente, dove la passione trova tutte le occasioni per riempire le pagine.
Un romanzo appassionato e appassionante, da leggere fino alla fine anche se ormai sulla spiaggia sono calate le ombre ed è ora di risalire in casa, ma vuoi ancora vedere cosa succederà nella pagina successiva.
Un romanzo dove il cretino – il Laurana – di turno va a cercarsi la fine che si merita.
Un romanzo dove il turbamento dei sensi non si distingue facilmente dal turbamento della ragione, dove l’erotismo e la politica provocano uguale abisso, uguali giramenti di testa. Proprio come in Ercole Patti.
Un romanzo che si estende per oltre cinquant’anni, il tempo di raccontare una vita, anzi due vite, anzi tante vite.

Papà salutava l’arrivo delle prime nespole sulla tavola con questo motto:
Chianciti fimmini
Quanno viditi nespuli
Ca su’ l’urtimu fruttu di la stati
Immancabilmente gli chiedevo perché cantasse questa filastrocca se le nespole arrivavano a volte prima dell’estate. Altrettanto immancabilmente mi rispondeva che le nespole della strofa erano altre nespole, quelle d’inverno, che maturano alla fine di agosto.
Non so cosa ci sia di vero in questa spiegazione.
Quello che il romanzo di Mario Mattia mi ha insegnato è che a guardarle bene le ombre che annunciano l’estate – come le nespole – sono un’anticipazione delle ultime ombre dell’estate, quelle che cambieranno per sempre la vita a tutti.
Saperle riconoscere in tempo eviterebbe a tante fimmine e a tanti masculi di chianciri…
