Me ne ero tenuto lontano.
Me ne ero tenuto lontanissimo.
Lo avevo preso già prima della dozzina, ma lo guardavo da lontano.
Non sono di quelli che ignora il dolore, che finge che la vita sia solo efficienza e consumi, ma il dolore spaventa, il dolore respinge.
Ho seguito da lontano l’evoluzione. A chi dava per scontata la vittoria Postorino opponevo la corsa solitaria postuma, silenziosa ma inesorabile di Come D’Aria.
Poi ha vinto.
Premio Strega Giovani.
Premio Strega OFF.
Premio Strega 2023.

Venerdì 7 luglio l’ho guardato come Nando Meniconi l’americano gli spaghetti notturni, l’ho sfidato, l’ho letto.
Tutto.
D’un fiato.
Una battaglia. Un corpo a corpo con la vita, con la cura, con la disattenzione, con la solitudine.
Una anamnesi impietosa, coraggiosa, lucida e appassionata.

La scrittura è serena, è già elaborata, è il frutto di notti e di giorni, di lacrime e di urla, di rabbia e di rassegnazione, di parole e di silenzi.
Alcuni passaggi descrivono, inesorabilmente, quello che non vediamo, che non vogliamo vedere. Lo fanno con dolcezza, con indulgenza.
Le lacrime scappano, scivolano, rotolano. Non le puoi fermare. Sono lacrime di compassione si, ma non solo. Sono lacrime di colpa, di pentimento.
Mi riscopro colpevole, mi riscopro distratto, mi riscopro noncurante e superficiale. Di sicuro querulo e lamentoso immotivatamente – e sarebbe già una bella colpa.
Questa umanità distratta e arrabbiata, autoreferenziale, che ha dimenticato l’empatia e la condivisione, isolata e rancorosa, non vede, non sa vedere, non può vedere di quante stelle è pieno il cielo di chi soffre. Anche Ada riconosce che esiste un prima e un dopo.

Eyes Wide Shut, diceva con altri significati Kubrick. Questi occhi spalancatamente chiusi, si aprono e vedono, solo quando ti tocca, da vicino, da molto vicino. Altrimenti è la Grande Fuga, definizione scolpita nella roccia di ciò che accade quando il dolore entra nella tua casa.
Se l’umanità può rifugiarsi nella sostanziale incolpevolezza della propria distrazione – solo un alibi, smontabile con rapido successo – la Politica, i governi no. Per niente.

Quando il ministro della Cultura saprà andare oltre la copertina a riscoprire i percorsi esistenziali (sic) della cinquina su cui ha votato, arrivato a questo libro potrà trovare molti spunti e suggerimenti di cosa la politica, il governo, deve – DEVE – fare per sostenere la sofferenza e il dolore. Nella scuola, nella sanità, nella vita pubblica cittadina e nazionale. Non si faccia imbrogliare dal garbo con cui Ada descrive i percorsi infernali che la burocrazia scolastica, amministrativa, sanitaria le ha fatto attraversare. Per noi lettori medi, anche superficiali, sono emerse chiaramente le storture, le complicanze, le incomprensibili riluttanze.
La lettura di questo libro è imprescindibile, non è evitabile. Dopo averci girato alla larga come ho fatto io, superate la resistenza e affrontatelo.
Dobbiamo ringraziare Ada D’Adamo per queste pagine.

Detto ciò però, questo libro ha vinto il Premio Strega. Non è più un saggio, una testimonianza, entra nel campo della letteratura.
Dopo anni di auto fiction e scuole di scrittura creativa, questo libro sublima la direzione della narrazione di sé, della propria storia “vera”.
Il libro è indubbiamente scritto bene, in buon italiano, tocca temi, suscita emozioni, scatena reazioni. Ma è letteratura?
La vicenda editoriale del libro è illuminante. Rifiuti, rimandi, fino alla piccola meritoria casa editrice che lo pubblica. Il suo percorso dalla pubblicazione, i giudizi, le valutazioni, raccomandazioni e consigli, lo sostengono fino al trionfo postumo.
Il suo successo risponde al bisogno dell’umanità di confrontarsi, di superare i propri limiti, di vedere al di là.
Anch’io nel mio piccolissimo blog lo consiglio vivamente ai miei cinque lettori.
Ma non è letteratura.
La letteratura è un’altra cosa.
Prima o poi tornerà di moda e sarà un gran giorno.

La letteratura è un’altra cosa. E se ne siamo convinte/i e ci dispiace, battiamoci per riportarla alla ribalta esistenziale di chi nutre e si nutre di un’immaginazione che è azione delle immagini dentro di noi (in me imago agere), riproposte secondo scelte di scrittura e stile, con cui non si intende proporre messaggi già confezionati, ma ri – aprire una porta. Le scrittrici e gli scrittori sono guardiani del varco tra i mondi e come i custodi del sacro vestono abiti rituali, non i panni del quotidiano.
Lo hai detto benissimo. Grazie.