Due serate con Ciro Auriemma

Dopo la serata bagnata di giovedì a Siracusa, ospiti della Libreria NeaPolis di Annalisa Sansalone, sabato a Lentini ospiti delle scuderie del Palazzo Beneventano abbiamo ancora una volta incontrato Ciro Auriemma con il suo ultimo libro La lama e l’inchiostro, edito da Piemme.

L’occasione di sabato, XXV novembre, giornata mondiale contro la violenza di genere, è stata l’inaugurazione di una mostra pittorica tutta al femminile: I Segni delle Donne.

Il sindaco di Lentini, l’assessore alla cultura e il direttore della Biblioteca Civica ci hanno accolto e ricordato la motivazione della giornata, simbolicamente rappresentata dal Posto Occupato riservato alle Donne a cui è stata sottratta la possibilità di occuparlo ancora.

Convinti che l’arte, la bellezza, la cultura possano sconfiggere ogni male, dopo aver visitato la mostra e ammirato segni e colori, ci siamo seduti a chiacchierare con Ciro Auriemma.

In quasi due ore di parole, accompagnati dalle letture di Lucia Corsale, abbiamo ascoltato rapiti la voce di Ciro Auriemma che con gentile tenacia ci ha raccontato.

Ci ha raccontato della Sardegna spagnola del sedicesimo secolo, attraversata da angherie e soprusi, fustigata dalla Santa Inquisizione, e delle donne di Sardegna torturate e uccise barbaramente, spacciate per streghe da un potere cieco e disumano.

Ci ha raccontato del mare, del suo respiro, del suo umore, della sua imprescindibile presenza. Ci ha raccontato della condanna a non sapersene allontanare per chi è nato e cresciuto in sua compagnia.

Ci ha raccontato di Caller (Cagliari), della sua bellezza pisana, dei suoi bastioni, del porto, della magnetica attrazione che lo riporta sempre sulle sue strade.

Ci ha raccontato di un giovane uomo, poco più che ventenne, costretto a lasciare la sua Madrid per una infondata accusa, che gli sarebbe costata la mano destra. Un soldato che peregrina di battaglia in battaglia, un combattente che nella battaglia di Lepanto per nemesi capricciosa perde la mano sinistra. Accettata la sua sorte, cristallizzata nell’aggiunta di Saavedra (il monco) al suo nome, approda in Sardegna per cercare un suo posto dove poter ancora combattere ed esprimere le sue passioni, la sua umanità. Lascerà anche la Sardegna ma finirà per anni imprigionato ad Algeri.

Ci ha raccontato come tutte queste vicende, passioni, errori, astuzie, avventure, disgrazie si siano fuse nella raggiunta maturità nella trama e nella lingua del primo romanzo moderno, nella più grande opera di fantasia di tutti i tempi. Un capolavoro spartiacque della storia della letteratura mondiale. Ci ha raccontato quanto Miguel Cervantes Saavedra ci sia dentro Alonso Chisciano, un vecchio soldato che perde il senno dentro ai libri e diventa Don Chisciotte.

Ci ha raccontato della sottile ma robusta trama che collega Cyrano a Don Chisciotte, a cui ha lui stesso aggiunto altri nodi con questo libro, testimoniati da un colorato tatuaggio disvelato al nostro pubblico siracusano.

Ci ha raccontato come sia vertiginosamente irresistibile perdere il senno dentro ai libri. Come lui ne sia riuscito a farne materia della sua vita, nonostante tutto. Una vita dedicata alle parole. Parole lette per alimentare il proprio mondo interiore. Parole scritte da altri, guidate e ricondotte dentro un’opera compiuta, con pazienza e passione.

Parole scritte da lui stesso in risposta a un impulso vitale irresistibile, scrivere come respirare.

Ci ha raccontato della difficoltà di districare la complessa trama di legami tra padri e figli. Del silenzio, del peso della inumana pretesa di non potersi mostrare fragili. Della mancanza di umana solidarietà in un rapporto anchilosato da forme e doveri.

Ci ha raccontato di come abbia scritto questo libro per provare a districare la sua bifronte posizione di figlio e di padre.

Ci ha raccontato di libri, di donne, di uomini, di vita, di amore, di passione, di se, delle sue debolezze. E questa sua straordinaria capacità di raccontare si è materializzata nell’attenzione con cui il pubblico ha seguito le presentazioni e nella qualità e quantità degli interventi con cui lo hanno interrogato e lo hanno pungolato.

In queste due serate abbiamo imparato di nuovo l’importanza vitale della facoltà tutta umana di raccontare e abbiamo scoperto che Ciro Auriemma di questa facoltà è padrone e maestro indiscusso.

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