Uomini allo specchio – L’altro di Pippo Pollina – SquiLibri edizioni

Tra gli anni settanta e gli ottanta nel mio multietnico condominio d’estate si aggiungeva una nota coloratissima: le vacanze dei figli del nostro portiere. I due figli maschi del nostro portiere erano emigrati in Germania con le famiglie in cerca di lavoro. D’estate tornavano con le loro Fiat 128, una verde pisello chiaro molto appariscente e l’altra giallo sole, luminosa abbagliante. Erano giustamente orgogliosi della loro vita tedesca ma fortemente legati a questa amara terra che li aveva espulsi.

Per qualche a me ignoto motivo in realtà non erano tutti partiti per la Germania, uno dei nipoti, poco più piccolo di me restava qui con il nonno ed era uno dei ragazzi del cortile con cui giocavamo. Lo guardavo e lo vedevo diviso, lacerato, tra il nostro caldo cortile molto alberato e un freddo cortile tedesco (almeno così lo immaginavo io) dove giocavano i suoi fratelli e cugini senza di lui.

Credo che ogni estate si scoprissero sempre un po’ più diversi lui e i suoi fratelli che crescevano in posti diversi con persone diverse, una lingua diversa. Fino all’agosto in cui anche lui salì sulla 128 sgargiante e si riunì alla sua famiglia e non lo vidi mai più.

Man mano che mi addentravo nella lettura del primo romanzo di Pippo Pollina, L’altro, edito da SquiLibri, mi capitava spesso di pensare al piccolo nipotino del portiere che giocava a pallone con noi, i piedi sul campo a Siracusa e la testa in Germania alla sua famiglia.

Pippo Pollina non richiede particolari presentazioni. Siciliano, cantautore raffinato di grande sagacia musicale e costantemente impegnato nella produzione di musica che non scivoli via, musica che resti e che si imponga alla nostra indifferenza, che incida sulla nostra distrazione, più o meno colpevole. Vive e opera all’estero, trova fuori dall’isola e dalla penisola amplissime platee che amano la sua musica, che amano approfondire i temi che tratta nelle sue canzoni.

Sono tante le opere di Pollina che hanno ricevuto il meritato successo. Non posso che ricordarne una in particolare, che tocca un nervo scoperto della nostra storia siciliana, che ci interroga ancora dopo tanti anni: Ultimo Volo, una orazione civile per Ustica. Un lavoro di gran pregio con la prestigiosa partecipazione di Manlio Sgalambro.

Oggi però ci occupiamo di Pippo Pollina in veste di scrittore, di autore di un romanzo intenso, corposo, un romanzo articolato, una storia che appassiona, che lega il lettore e lo avvince fino alle ultime pagine.

Il racconto parallelo di due personaggi, di due vite, che attraversano la fine del ventesimo secolo fino alla tragica alba del ventunesimo, con le immagini degli aerei infranti sul simbolo iconico della civiltà occidentale.

Come faccio sempre, mi astengo dall’anticipare molti tratti della vicenda, per non guastare ai lettori il piacere di godere della lettura del libro. Sappiate però che la scrittura colta, curata e minuziosa, racconta una storia ricca, un intreccio noir che cresce pagina dopo pagina, che faticherete a lasciare.

Il primo personaggio Nanà, Leonardo, sviluppa la sua vicenda in Sicilia, prevalentemente a Camporeale, ‘u maciddaru.

Il secondo personaggio Frank sviluppa la sua vicenda in Germania, prevalentemente a Norimberga.

Il libro racconta le due storie alternando i capitoli siciliani ai capitoli tedeschi. Le storie con la esse minuscola dei due personaggi intersecano la Storia grande della Sicilia, dell’Europa, del mondo e ogni incrocio è occasione per Pollina di esprimere il suo pensiero sulle vicende storiche, di esprimere sentimenti, emozioni proprie, disseminandole dentro le cose dette e le cose pensate dai suoi personaggi.

Tutto questo arricchisce il romanzo di una dimensione esistenziale, offre sfondo e spessore alle inflessioni, ai ricordi, alle emozioni di ciascun lettore. In qualche modo le citazioni, i fatti, i nomi, i personaggi pubblici arruolati in questo romanzo, diventano paradigmatici e si intrecciano ai fatti, ai nomi, alle citazioni di ciascuno. Che poi è quello che avviene con i grandi romanzi.

Raccontando di Sicilia nel passaggio tra gli anni ottanta e il duemila non svelo nulla di irreparabile se vi dico che in molte innervature della storia emerge prepotente la trama della Mafia, la storia di quella Mafia.

Frank, l’altro tedesco, è un giornalista. In questo romanzo di tanti giornalisti si parla, anche di giornalisti che hanno pagato con il sangue la loro passione. Si parla anche di Pippo Fava, a cui immaginiamo Pollina sia molto legato, avendo collaborato alla rivista I Siciliani, che Fava produsse e diresse fino alla sua uccisione nel 1984, l’anno prima che Pippo Pollina decidesse di lasciare la Sicilia e l’Italia per affrontare il mondo fuori dal nostro Paese.

Leonardo, l’altro siciliano, è un medico. Dalla scelta del vezzeggiativo Nanà, intuiamo un omaggio a Sciascia, che così era chiamato dai suoi cari. Un lucido e appassionato analista della Sicilia precedente alle vicende del romanzo, che indicava inascoltato le terapie necessarie alla salute pubblica.

Nelle pagine, soprattutto quelle siciliane, di questo romanzo emerge una profonda nostalgia della Sicilia, di un tempo. Questa nostalgia la prova anche Leonardo/Nanà che ha diviso la sua vita tra Camporeale e Palermo, per gli studi e i primi lavoretti.

Se posso comprendere la nostalgia di Pollina che dalla Sicilia si è allontanato, non mi sorprende però questa nostalgia del personaggio Nanà. Ho misurato tante volte questa apparentemente inspiegabile nostalgia della propria terra in mio padre, che dalla Sicilia non si è allontanato mai. Questa nostalgia che accomuna Nanà e mio papà affligge l’animo soprattutto arabo dei siciliani. Come ci spiega Pollina stesso:

Siamo fenici, punici. Arabi fino al midollo. Abbiamo una malinconia addosso che nessun tramonto sul mare potrà lenire.

Sia nelle pagine sicule, che nelle pagine teutoniche appaiono e fanno capolino protagonisti musicali. Andiamo da Jacques Brel, a Silvio Rodriguez, al mitico Falco di Herr Commissar, che da noi fu tormentone vero e proprio, a tanti altri. Persino un cantautore di strada in Svizzera che dice di chiamarsi Pippo…

Sfogliando le pagine di questo romanzo possiamo ricostruire un vero e proprio Pantheon musicale del cantautore Pippo Pollina.

Mi è parso di cogliere molte suggestioni di matrice cinematografica, del grande cinema italiano ed europeo. Per alcuni versi che lascio ai lettori del romanzo la gioia di rinvenire ho trovato una suggestione molto forte con un film di Alberto Lattuada, interpretato dall’altro Alberto nazionale, Sordi, Il mafioso.

Sotto il profilo storico la parallela narrazione di Sicilia e Germania consente a Pollina di darci contezza anche di una dimensione propriamente europea che non sempre i nostri narratori italiani riescono ad avere. Così il Muro, il suo crollo, la riunificazione, le vicende europee incentrate sulla Germania, le vicende che avranno come testimone il mio piccolo amico emigrato in quegli anni, salgono alla ribalta nel contemporaneo dipanarsi della storia dei Corleonesi, di Lima, di Andreotti, di Falcone e Borsellino, del pool. Rivelando connessioni e intrecci forse solo intuiti altrove.

Insomma alla fine di questa lettura ci restano due dubbi.

Non sappiamo se aspettarci di più un nuovo romanzo o un nuovo disco da Pippo Pollina, comunque da godere in poltrona con qualcosa di caldo da sorseggiare.

E infine, da cosa è fuggito Pippo Pollina quasi quarant’anni fa? Sta ancora fuggendo?

L’incontro a Siracusa, 3 dicembre 2023

Per una di quelle filame del destino a cui noi umani non ci sottraiamo, ieri, domenica 3 dicembre, ho avuto la preziosa opportunità di incontrare Pippo Pollina.

Nel suo tour di presentazione di questo libro, Pollina ha inserito anche Siracusa. Con l’organizzazione di Alfredo Lo Faro, la Libreria NeaPolis di Annalisa Sansalone in Viale Teocrito a Siracusa ha ospitato un incontro culturale, letterario, musicale e politico con Pippo Pollina.

Ho avuto l’onore di condurre l’incontro, aiutato dagli interventi qualificati dei giornalisti Giuseppe Attardi, profondo conoscitore di musica e spettacolo, e Aldo Mantineo, profondo conoscitore di mafia, Sicilia e storia del giornalismo.

Alcune pagine del romanzo sono state interpretate da Giulia Tarantino e da Davide Incandela. Con le loro voci e la loro maestria interpretativa hanno letteralmente dato vita ai personaggi e alle storie del libro di Pollina.

Pippo Pollina non si è sottratto alle attese dello scelto numeroso pubblico accorso in libreria e ha regalato due canzoni tra le più note del suo repertorio: Versi per la libertà e Cento Chimere.

Si è affiancata a Pippo Pollina per l’esecuzione dei due brani, Raquel Romeo, l’artista palermitana che ha scelto la strada come palcoscenico d’elezione della sua attività artistica. La sua voce appassionata e profonda, la sua straordinaria capacità di modulare melodia e ritmo si sono appoggiate sulla chitarra di Pollina e sul suo controcanto evocativo. Ne sono venute fuori due performance di altissimo livello che rimarranno a lungo nella memoria degli intervenuti.

La nostra conversazione a più voci con Pippo Pollina ha consentito al pubblico di scoprire e apprezzare tante sfaccettature dell’artista, sia come scrittore, che come musicista.

Pollina ci ha raccontato:

L’esigenza di superare la forma canzone, il suo limite di tempo e di sviluppo di una storia attraverso un romanzo pensato già trent’anni fa, ma che ha visto definitivamente la luce approfittando della forzata pausa del Covid;

Il rigore delle scelte artistiche e musicali, anche in controtendenza rispetto alle direttrici di oggi, fino a rifiutare la distribuzione attraverso le piattaforme streaming della sua musica;

La deriva della musica in Italia, regredita a mero intrattenimento. Frutto della miopia politica e della sostanziale arretratezza culturale del nostro Paese in tema di musica. Il raffronto con la capacità di ascolto dei paesi del centro Europa, Germania, Austria e Svizzera che costituiscono il palcoscenico dove Pollina sfiora i duecento concerti l’anno;

La nostalgia. La nostalgia della Sicilia. La nostalgia del tempo. La nostalgia legata alla consapevolezza della precarietà, della breve durata dei sogni che non arrivano al mattino. La fernweh tedesca, di fatto non traducibile senza approssimazioni, che trova riscontro nella particolare malinconia fenicia e punica, araba dei siciliani d’occidente;

L’ipocrisia della riunificazione in Germania, affiancata al fatalismo irredimibile con cui si accetta l’imposizione della cultura mafiosa in Sicilia. Le radici culturali di entrambe le derive, per denunciare le quali ha scritto questo romanzo.

Solo una cosa Pollina non ci ha raccontato, solo a una domanda non ci ha risposto, avvalendosi della facoltà di non rispondere: da cosa fugge Pippo Pollina?

Ma leggendo il libro, ascoltando le sue canzoni, riascoltando le risposte che ci ha dato nell’incontro di ieri, forse una risposta la possiamo trovare anche da noi.

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