Quando eravamo piccoli c’erano alcuni giochi in scatola che riportavano sulla scatola stessa la durata e la giocabilità. Rassicuravano cioè i genitori che quel gioco non sarebbe stato usato poche volte e poi buttato nello sgabuzzino. Chi se ne vantava proprio, era la scatola di giochi diversi che andavano dalle carte ai dadi allo shangai. Tecnicamente giocabile all’infinito, bastava solo trovare amici o amiche disponibili.
Più avanti negli anni, i primi giochi per pc usavano invogliare all’acquisto con la stessa tecnica di indicare che il game poteva essere utilizzato per più volte, ripetibile senza noia, vuoi perché gli enigmi e i tranelli erano difficili, o perché erano tanti e ogni partita poteva essere a lungo diversa dalle precedenti.
L’evoluzione tecnologica incalzante trasformava ogni giorno quella nostra pioniera adolescenza, sia nei giochi (dal nastro del Commodore 64 al cd e al dvd non passarono tanti anni) che nella musica (musicassette e vinili cedevano rapidamente e inesorabilmente ai cd e ai dvd).
Uno degli specchi che ci catapultavano tra le meraviglie del mondo che sarebbe venuto, fu una piccola trasmissione televisiva del martedì in seconda serata che ci proponeva musica per immagini, che aggiungeva i sogni ai suoni.

Carlo Massarini conduceva con eleganza e maestria impareggiabili Mister Fantasy, quella trasmissione innovativa e sperimentale che ci insegnava a mettere la tecnologia al servizio dell’emozione. Tante sorprese, tanti regali, tanti strumenti ci mise in mano quella trasmissione. Solo come emblema ricordo qui, la scoperta di Donald Fagen, appena transfuga dagli Steely Dan, con l’album capolavoro da allora indimenticato: The Nightfly, la cui traccia principale: New Frontier, Carlo Massarini ci mostrava per la prima volta come video musicale.
Sarebbero poi venute le notti con MTV e con Deejay Television, sarebbe poi venuto quel sabato notte estivo passato ad aspettare che per la prima volta la voce e la risata di Vincent Pryce accompagnassero i passi e le mossette di Michael Jackson, zombie, in Thriller.
Ma tutto per noi cominciò con Mister Fantasy e con Carlo Massarini.
È in libreria un nuovo libro di Carlo Massarini. Un album prestigioso e raffinato, nel quale Massarini racconta e documenta fotograficamente, centoventi concerti live, cui ha assistito. Centoventi notti magiche inseguendo un do, come dice lui stesso.

VIVO DAL VIVO 2010 – 2023
Uno scrigno pieno di preziosi racconti scritti a caldo dopo il concerto (o comunque con quello spirito), rigonfio di scatti fotografici suoi, personalissimi, che hanno fermato quegli attimi e hanno donato loro eternità.
Ma poiché si tratta sempre di Carlo Massarini e di Mister Fantasy, di tecnologia al servizio dell’emozione, ogni concerto, ogni notte, è corredata da un QR Code con la set list del concerto e i link a sezioni parziali o complete dei concerti raccontati e fotografati, disponibili su YouTube.
Il periodo preso in esame da questo album è un esteso decennio, che va dal 2010 al 2023. L’epoca della musica senza confini, l’epoca in cui ancora era tutto possibile. Comprende il biennio nefasto quando i live furono chiusi per dpcm. In alcuni casi racconta l’evoluzione degli artisti fotografati in più stazioni di questo viaggio ultradecennale.

Il vostro Gingolph, da vero ragazzo fortunato come Lorenzo, ha avuto la straordinaria occasione di parlarne proprio con lui medesimo, con l’autore, con il mito della nostra adolescenza, con Carlo Massarini, in occasione della sua presenza alla manifestazione A Tutto Volume a Ragusa il 14 giugno.
Le emozioni di questo incontro applaudito da circa seicento persone in piazza si aggiungeranno alle emozioni provate nella lettura di questo volume che illumina, suona e risuona a ogni giro di pagina.
Una prima ricorrenza colta compulsando avidamente la ricchezza di questa pubblicazione riguarda proprio il profilo anagrafico (non solo declinante come il mio, ma proprio degli artisti raccontati). Scrive Carlo Massarini: io credo ci sia riconoscenza verso tutta questa generazione di figli del dopoguerra nati artisti e non figli del mercato.
Infatti Massarini racconta del miracolo della voce di Leonard Cohen, accenna a qualche piccola delusione dallo stesso Steve Winwood, a cui deve il marchio principale (anche se con Eric Clapton lo aveva sorpreso ancora), registra (più volte: tre) l’evoluzione dell’ex Genesis, Peter Gabriel, sottolinea che, Crosby, Still e Nash, ancora tutti in vita, riemergono giovani e sfrontati dal pelame grigio e i chili aggiunti, onora Buddy Guy, e tutta la sua storia a Umbria Jazz, ammira Mark Knopfler, imbolsito ma dominatore assoluto delle corde della sua chitarra, riconosce in Bennato, eterno rocker ingenuo e onesto, una costante invariabile.

Il profilo anagrafico non misura soltanto l’evoluzione (e la riconoscenza nostra) verso gli epigoni del passato, offre il suo sguardo anche a tante novità emergenti. Decine di scoperte mi hanno aperto orizzonti inattesi, soprattutto negli artisti internazionali che aprono nuove strade e che Carlo Massarini si avventura a percorrere con la sua indomita curiosità vivace e illuminante.
Tra gli altri Carlo Massarini racconta delle esperienze di Salmo nel 2021 a Capannelle, in carrozzella ipertecnologica, forte del suo rap diventato modello di successo, modello da esportazione, unico e riconoscibile. Racconta di Diodato nel tragico passaggio dal successo al COVID e la successiva ripresa, la sua trasversalità internazionale, molto pop e cantautorale, la sua forza tarantina al servizio della musica del mondo. Racconta di Motta, il toscano che sta riscrivendo la storia dei cantautori italiani, dell’esplosione live che contraddice in parte lo spirito indie dei dischi. Racconta dell’eterno scugnizzo Clementino, intrinsecamente Made in Napolì.
Eppure nonostante lo spirito di apertura, e lo sforzo di comprendere non riesce a cogliere l’esaltazione per Travis Scott, che tanto appassiona il figlio, nella nuova postura di questo tipo di live, composta da una selva di smartphone che riprende un omino sullo sfondo davanti a un pc che agisce sui tasti per riprodurre suoni e voci già registrati che nessuno produce autonomamente sul palco.
Se quegli artisti storici erano figli della guerra e del dopoguerra, Massarini sembra chiedersi e chiederci di cosa siano figli gli artisti come Travis Scott.
Nella tenerezza dei racconti, nella profonda conoscenza anche intima che emerge da alcuni racconti, si coglie che Carlo Massarini parla e racconta e fotografa tappe di un viaggio dentro la sua anima, racconta di pezzi della sua anima, di amici reali e amici virtuali, amici per musica.
Vasco Rossi, che regala una emozionata e emozionante prefazione a questo volume.
Parlando di Lorenzo negli Stadi, il tour di Jovanotti del 2015, dice che fotografare un concerto di Jovanotti è una prova psicofisica, una maratona.
Commosso il ricordo dell’ultimo concerto di Pino Daniele, che chiudendo un cerchio ideale ritorna a Nero a metà, anche con gli stessi musicisti, così come altrettanto commosso è stato il racconto del concerto di Ezio Bosso, l’anima che ora suona altrove.
Appassionato il resoconto di due tappe di Zucchero, uno caratterizzato dalla dimensione trascinante della sesion cubana.
Sorpreso e sorprendente il racconto di John Mayall che ancora vende da solo i suoi dischi vicino al palco. Pennellati il ritratto dell’istrionico Joe Jackson, e il ritratto di Sergio Caputo che festeggia il trentennale di Sabato Italiano (nel frattempo arrivato al quarantennale).
Coinvolgente l’appuntamento con i Green Day con Billy Joe che aspetta sempre che settembre finisca per svegliarsi.
Deliziato il ritratto della serata perfetta con Jan Garbarek alla Casa del Jazz.
Poetico il racconto dell’esperienza monumentale del live di Prince, con le sue gocce viola che ricadono sul pubblico.
Gli U2 sono raccontati due volte, nel tour dell’innocenza e dell’esperienza e nel tour del Joshua Tree. In entrambi i casi Bono appare ispirato sempre da quel mondo interiore fatto di Irlanda, di orfananza, di impegno concreto nelle cose del mondo. Tanto che Carlo Massarini ribalta l’assunto degli U2 che fondava la loro opera: posso cambiare il mondo dentro me, ma non posso cambiare il mondo intorno a me. Visti gli impegni e i risultati ottenuti da Bono, si conferma che anche con il rock è possibile cambiare il mondo intorno a noi, ma non si può cambiare il mondo dentro di noi, quel nucleo fondante di emozioni e pensieri, riflessioni e esperienze, che ci rendono quello che siamo.

Di Bruce Springsteen, Massarini racconta il Wrecking Ball Tour, la notte inzuppata del 10 giugno 2012 a Firenze. Il primo tour senza Big Man al sax. Come ci ha confermato a Ragusa, Springsteen è uno spartiacque nella storia dei concerti live. A lui dobbiamo il progressivo crescere della durata dei live, a lui dobbiamo “Quel non so che, magico e devastante insieme, che si compie quando il rapporto fra un artista e il suo pubblico diventa una condivisione dannatamente fisica e devotamente spirituale”
Springsteen testimonia sicuramente quella accountability che caratterizza gli artisti che stabiliscono un legame speciale con il proprio pubblico. Anche se questa accountability ha subìto un appannamento dopo anni in cui ha rappresentato l’inquietudine umana di ogni b.d.c. del mondo, ha ridato dignità sociale a ogni disperso del mondo, usando la propria storia, la propria vicenda umana pubblica e privata, quando l’anno scorso non ha fatto alcun cenno al terremoto e ai danni che lo avevano preceduto di qualche giorno.
Tra i tanti amici reali e virtuali di cui dicevamo, un amico vero, sincero, di lunghissima data è Eugenio Finardi.
Uno dei miti della nostra vita, che oggi ha sublimato la sua arte nel capolavoro unico e inconfondibile di Euphonia, visto l’anno scorso a Roma.
Un flusso che rasserena, che riappacifica, che sblocca ricordi, che consola.
Sembra che Finardi, anche lui ormai ad acque placate, seduto in una poltrona di salotto, al tramonto, quando la luce del sole non illumina più la stanza, ma non si ha ancora voglia di accendere la luce artificiale, con in mano un bicchiere di qualcosa di forte, ma dolce, ripensi alle sue canzoni, al pezzo di anima che ci ha lasciato dentro, ricordi la forza e l’energia che lo hanno spinto a crearle.
Allora, ispirato sia dai sogni della memoria, che dalla luce calante della stanza, aggiunga la sua voce ai ricordi e ritrovi dentro di sé quella forza e quella energia, anzi ne trovi una nuova, diversa, ma ugualmente potente.
La sua voce che è sempre stata un potente strumento musicale, modula e sussurra le parole delle sue canzoni, accordandosi perfettamente al flusso della memoria cosciente rappresentato dal piano e dal sax.
Decisamente Finardi è nato artista e non è figlio del mercato (grazie al cielo è figlio della cantante d’opera che gli ha regalato quella voce inimitabile).
Euphonia è una unica lunga suite in trio con piano e sax, che suona come un sogno o una preghiera (anche in altri racconti Massarini fa riferimento alla religiosità del live). Un ringraziamento, il suo Amarcord (che diventa anche l’Amarcord di chi lo ha amato e seguito).
All’interno di questo importante volume si trova spazio per raccontare anche a che punto è la storia del Progressive italiano, il Banco di Mutuo Soccorso, PFM, Osanna, una storia che ogni tanto si incarsica, ma non muore mai. C’è spazio per il nuovo tango, il Tango 2.0 dei Gotan Project.
Si racconta anche della vicenda umana (e giudiziaria) dei Pink Floyd, restituendo a Roger Waters la totale paternità del capolavoro The Wall, fotografato durante The Wall Live Tour al Forum di Assago il 3 luglio 2010.
A Ragusa, non c’è stato il tempo, ma avrei voluto parlare a Massarini dei riflessi di questa vicenda sul lavoro della Compagnia di Encelado Superbo, che ha localizzato in queste terre e in questo mare il capolavoro dei Pink Floyd: The Dark Side of the Moon, che inevitabilmente diventa La Faccia Niura della Luna, ancora in attesa di un benestare alla pubblicazione. È lecito supporre che avrei attratto il suo interesse se mettiamo insieme alcuni suoi racconti di questo volume, come quello in cui riconosce l’universalità del siciliano, commentando il concerto di Battiato, e cita la sua spontanea esclamazione ai fan che si scatenavano a ballare: Non vi strapazzate! Oppure il momento in cui attribuisce al dialetto siciliano l’anima di blues nostrano, nella partecipazione di Carmen Consoli a Womad nel 23, con lo spirito di Rosa Balistreri che aleggiava sul palco.
I commenti alla serata del 30 novembre 2018 a Copenaghen, Royal Arena, uno storico appuntamento con la leggenda Paul Mc Cartney, occupano più pagine. Per questa notte più foto di altre, più parole di altre notti. È un segno. In quelle pagine c’è tutto. C’è la storia, la storia dei quattro Beatles, la storia del mondo. C’è la passione, c’è l’emozione, il sorriso da paresi, il figlio accanto che fa da specchio. C’è il riconoscimento del Genio, sul quale l’invecchiamento non può nulla. C’è lo spirito che ha portato Massarini in giro a raccontare quella Magical Mistery Story con The Beatbox.

Nella chiacchierata di quella notte a Ragusa, a questo riguardo, è emerso tutto il disappunto di Massarini per non aver potuto trovare anche nella nostra isola, nel nostro sud est del mondo, idonea accoglienza alle tappe del suo tour. A confermare nei fatti che per la musica live, questa musica live, importante e trasformativa, che si racconta in questo libro, esiste ancora una cocente questione meridionale, che costringe i nostri ragazzi e le nostre ragazze a impegnative, costose e faticose e rocambolesche spedizioni missionarie per godere della musica live.

La conversazione con Carlo Massarini a Ragusa si è chiusa con una mia tardiva confessione. L’ammissione di un sacrilegio, a cui si possono concedere solo pochissime attenuanti.
Dopo che Carlo Massarini aveva tributato tutti gli onori possibili alla forza dirompente dei Kraftwerk, alla influenza ancora molto significativa su tutta la musica elettronica, raccontando del 3D Concert Tour del 14 luglio 2014 all’Auditorium di Roma, ho dovuto confessare l’atroce misfatto.
Nel 1981 avevo comprato il vinile Trans Europe Express con cui l’attività dei Kraftwerk cominciò. Ma il giorno dopo fui costretto a restituirlo dalle proteste di mamma e nonna che ritenevano mal spesi i soldi per un disco che riproduceva il treno sulle rotaie…
Centoventi live, centoventi esperienze collettive. Sarebbe velleitario pensare di poter raccontarle tutte in questa modesta riflessione. Vi lascio intatto il piacere di sfogliare, ammirare le stupende foto, leggere le storie di questo libro. Sperando di essere riuscito a farvi intravedere la luce dei fari sul palco, l’odore dei fumi di scena, le vibrazioni degli altoparlanti e delle anime degli spettatori.
Quello che mi sento di aggiungere in conclusione, garantendo personalmente in base alla mia esperienza, è che questo volume assicura una lunga giocabilità, come quei giochi in scatola e quei giochi elettronici della mia pioniera adolescenza. Tanti sono gli spunti, le occasioni, gli stimoli per conoscere, approfondire, cercare la musica senza confini che amiamo, o ameremo, anche se ancora non lo sappiamo.

P.S.
Qui sotto il link al momento in cui abbiamo raccontato a Carlo Massarini del nostro primo fecondo incontro con Vinicio Capossela in terra iblea.