Guanti, scarpe e completini – Dagli Undici metri di Dario Voltolini – Baldini+Castoldi

Calcio e musica furono le fonti oriunde di divertimento di papà per tutta la vita.

Ma se la musica restò un affare passivo, ascoltare, scegliere, riascoltare, riascoltare, riascoltare, almeno tre volte, il calcio fu un affare anche molto attivo. Fu una gloria dell’Amaselo, la squadra del suo paese.

La sua carriera iniziò da portiere. La Mitologia Familiare, come ci ha insegnato a chiamarla Nadia Terranova, racconta di frequentazioni catanesi, ai tempi della scuola, con un giovanissimo Zoff, che gli regala guanti, scarpe e completini in quantità, nonché gli dispensa consigli e indirizzi che lo hanno formato adeguatamente.

Ho già smontato un Mito familiare oriundo causando risentimenti e delusioni, non ci provo neppure a verificare questa notizia catanese, lasciamola lì nella Mitologia Familiare, appunto.

Un dato certo è che quando la miopia avanza, papà deve cedere il posto tra i pali e diventare temibile terzino. Il giovanissimo Attilio, uno dei pochi che ricordi ancora mio papà calciatore (e di questo lo ringrazio sempre) che gli subentrerà in porta, ricorda di avere ricevuto in “eredità” tutto il set di guanti, scarpe e completini che dicevamo.

L’anno scorso, nella notte che precede la festa del papà, ho rivissuto alcuni momenti ed emozioni, legate a papà, al calcio, alla sua assenza, divorando il folgorante libro di Dario Voltolini, Invernale. Uno dei libri più belli del 2024, nella mia personalissima classifica.

Voltolini torna quest’anno con un agile libretto, smilzo, ma intenso, dal titolo Dagli Undici Metri, per Baldini+Castoldi.

Il racconto di un rigore dal punto di vista del portiere.

Tra la sistemazione del pallone sul dischetto e il tiro vero e proprio c’è tutto il tempo di raccontare una vita, una realtà, una società, principi e valori che dallo sport riverberano sulla vita e viceversa.

Una metafora ben riuscita che proprio dal calcio trae insegnamenti e valori che illuminano altre porzioni di vita.

Toni che ricordano Soriano e un gran numero di termini che richiamano alla memoria il banco di una pescheria, forse per differenziare questo libro da quello che si trova nell’altro: il banco di una macelleria.

Il portiere è il giovane Cebola, sostituto in zona Cesarini, proprio quando viene fischiato un rigore contro la sua squadra.

Ma Cebola possiede una sua straordinaria capacità di parare l’impossibile.

Il racconto prevede la presenza di altri personaggi colti nella fase pre adulta, come Fulger, o Erbia, e le interazioni con altri personaggi adulti che si rivolgono loro con dedizione e sano stupore per la loro maturità e consapevolezza.

Da questa divertita lettura si apprende facilmente che ciascuno possiede un talento e quello deve seguire, valorizzando la propria natura, la propria intuizione (che Cebola credeva fosse “culo”). In particolare non cedendo a ingiustizie (come il rigore che, ovviamente, non c’era!) o a pregiudizi, a cattiverie e carognate.

Un’etica della confidenza in se stessi, nel proprio talento, nella verità che trionfa sempre, anche senza urlarla.

Il calcio torna esempio e modello di relazione, di condivisione, di impegno e focalizzazione. Rappresenta l’antitesi alla violenza, alla prevaricazione, all’ingiustizia, soprattutto, quando il Mister mostra tutti gli errori e le deviazioni che in una partita negativamente esemplare hanno trasformato il calcio nel suo opposto e nel deprecabile incubo di alcune pagine di giornale, commenti social o alcuni studi televisivi.

Forse era così il calcio di papà, di quelle province che la domenica volevano solo festeggiare all’aperto, quando guanti, scarpe e completini non potevi comprarli, ma aspettare che Zoff, o il tuo predecessore, te li regalasse.

Ma questo si trova in un’altra recensione 😉 

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