Civitoti in pretura a Parigi – La vita normale di Yasmina Reza – Adelphi

Mi sono spesso chiesto perché tra i romanzieri, quelli più fecondi proprio, ci siano tanti avvocati e tanti magistrati.

Giocando con le riflessioni sulla professione forense di Diego Da Silva ho chiesto agli avvocati che ho intervistato, se non ci fosse sottostante una ricerca di un piano b di produzione di redditi.

Ho chiesto anche ai magistrati, in minor numero, che ho intervistato.

La sintesi di tutte le risposte può ritrovarsi in una duplice condizione:

  • La necessità di redigere atti complessi e di renderli comprensibili e, in qualche modo, narrativi, descrittivi di un processo logico che si vuole indurre nel giudice, o che il giudice vuole spiegare alle parti. (L’attitudine a costruire trame).
  • Il contatto costante con una sterminata congerie di storie umane, varie, sorprendenti, banali, da ricostruire per trovarci il bandolo della matassa, al di là di ogni ragionevole dubbio. (La necessità di ricostruire trame).

Un potente romanziere, un narratore inquieto spesso citato in questo blog e oggetto di varie nostre attività, come Giovanni Verga, d’altronde, faceva largo uso dei suoi studi incompiuti di giurisprudenza per costruire le sue storie. Si deve alla sua passione forense proprio la novella che ebbe maggior successo – anche nella sua versione melodrammatica – Cavalleria Rusticana. Verga si appassionò a un caso giudiziario avvenuto a Francofonte e ne trasfigurò la trama, la storia nel doppio triangolo dal finale tragico che conosciamo. 

Conosco uno studioso di Francofonte che ha ricostruito esattamente la vicenda giudiziaria che fu fonte della Cavalleria in un libro che tarda a venire alle stampe.

Yasmina Reza è una romanziera francese di origini ungheresi e russo iraniane. In lei ricadono, genealogicamente, condensati di culture millenarie composte e sovrapposte.

Romanziera forse è troppo poco. È drammaturga per il teatro, sceneggiatrice per il cinema, e scrive anche romanzi.

Il suo ultimo libro però non è propriamente un romanzo: La vita normale, edito da Adelphi.

Come Verga, che citavamo prima, Reza ama frequentare le aule di giustizia, si appassiona ai casi che vi vengono trattati, usa tutte le sue armi di osservazione per scrutare nei volti, per scavare nei non detti, per ricostruire fatti ed emozioni che sul banco degli imputati non sono arrivati per difetto di difesa o noncuranza dell’accusa. Alcune di queste le ha raccolte in questo libro.

Ne viene fuori un caleidoscopio di storie umane, vive, una galleria di vinti, di donne e uomini che hanno ceduto in qualche punto della loro vita e ora si ritrovano ingranaggi della macchina della giustizia.

Qualcuno sopravvivrà, dopo aver scontato pena e dolore, qualcuno la farà franca, qualcuno rimarrà incastrato, pur protestandosi innocente. In ogni caso una straordinaria opportunità per il lettore di osservare dove si annida la vita normale, nel senso della vita vera, quella che i romanzieri si affannano a ricostruire artificialmente nei propri romanzi, ma che in queste storie che riecheggiano nelle aule giudiziarie è vita drammaticamente vera, inoppugnabilmente vera, senza fronzoli, senza ricami o decorazioni.

La capacità drammaturgica di Reza svolge la funzione di dare dignità letteraria a tutte queste storie, senza menomarne la verità, la vitalità. Un verismo giudiziario, un secolo e mezzo dopo.

Come il grandissimo successo di trasmissioni televisive popolari tipo Un Giorno in pretura della Petrelluzzi – e del film in bianco e nero da cui la trasmissione prende il titolo – queste storie di Yasmina Reza restituiscono l’affresco dell’umanità di questi tristi tempi. 

Una occasione imperdibile di vedere cosa avviene ai margini del nostro ristretto sguardo focalizzato, cosa pulsa e vive oltre il bordo dei nostri occhiali.

Strategicamente, Reza frappone alle tante storie giudiziarie decrittate, alcuni momenti biografici, alcuni incontri, alcune lettere, alcune occasioni mancate. Per il lettore attento non sono diversivi e non sono casualmente frapposte quelle pagine. Si offrono come conferma e verifica della portata vitale delle storie raccontate, sia proprie che de relato.

Un libro per riequilibrare e ristabilire alcune nostre convinzioni, alcune nostre fallaci incrollabili certezze e guardare con maggiore ampiezza, apertura e libertà alla condizione umana dei nostri giorni.

Non a caso quel genio non ancora del tutto compreso di Nino Martoglio per descrivere la vera Catania, la Catania normale, drammatizzò Civitoti in pretura, regalando ai posteri tutte le caratterizzazioni di quella Catania.

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