De te fabula narratur – Il Falò del Saraceno di Alessandro Sbrogiò- Bookabook

Dopo l’estate del 1978 fui operato di appendicite. Al mio ritorno a casa una ricompensa decisamente inaspettata.

All’interno di un cassettone antico, restaurato creando un vano bar invece dei cassetti, i miei genitori nascosero un impianto hifi Pioneer.

Avviatolo da un interruttore esterno nascosto, improvvisamente la grande sala si riempì delle note e della voce di Antonella Ruggiero (ancora solo Matia) con Solo Tu

Quell’impianto hifi (40W RMS) segnò una svolta nella mia vita. Divenne il mio strumento di successo e mi guadagnò l’ammirazione di tutti.

La poetica delle lucine dei vu meter, dei dischi in vinile, della puntina Shure, delle Maxwell al cromo o al FE-CR, è stata la poetica della mia adolescenza.

Per questo leggere l’ultimo romanzo di Alessandro Sbrogiò, Il falò del Saraceno, Bookabook, è stato un tuffo nella mia vita, nella mia adolescenza.

In questo libro de me fabula narratur.

Nel salone dove si trovava il mio stereo c’erano un sacco di centrini sopra ogni mobile, sotto ogni soprammobile.

Anche io creavo le mie playlist nelle musicassette, e dovevo stare attento che il nastro non si imbrogliasse.

Anch’io compravo da Musicland i dischi d’importazione (che spesso non avevano i testi nella copertina interna).

Anch’io ascoltavo Finardi, i mugolii di Donna Summer, e cercavo sempre di uscire dai limiti della musica “commerciale”, inseguendo Demetrio Stratos o altri alternativi.

Anche le ragazze che ci circondavano odoravano di mela per via dello shampoo Campus.

Anch’io leggevo Erich Fromm, ero affascinato dalla sirena di Lampedusa, Lighea, tanto da scrivere la mia prima novella con una sirena.

Anche io trafficavo con le radio private.

Come quella notte quando, abusivamente entrati negli studi per sentire la musica che ci piaceva, lasciando che la “pista” continuasse la sua diffusione notturna, dimenticammo i microfoni aperti e per tutta la notte le nostre riflessioni sul mondo e sulle ragazze raggiunsero le radio sintonizzate sulla nostra frequenza. Fino all’alba, quando il padre del mio amico venne a ripristinare la situazione e requisirci definitivamente le chiavi.

Ma non deve essere solo una mia identificazione casuale e magari forzata. Il romanzo di Sbrogiò piace, piace a tanti. Tanto da vincere il prestigioso premio Più a Sud di Tunisi a PortoPalo di Capo Passero per il 2022.

Un romanzo di formazione, un romanzo di amicizia, un romanzo di memoria.

I giovanissimi amici che attraversano queste pagine potrebbero benissimo essere i protagonisti di una serie come Stranger Things, i protagonisti classici di un romanzo di Stephen King. Ma sui Climiti, per fortuna, e non nel Maine, anche se non mancano la paura e il soprannaturale.

Qualunque sia lo spirito e la ricerca che animino questi ragazzi, la musica, la politica, l’ambiente, però alla fine sono sempre loro la molla di tutto. Quelle creature magnifiche cariche di promesse e magie, di sogni e di paure, le ragazze che ci circondano e colorano e profumano di mela verde la nostra vita.

Tira più un pelo di fimmina che quattro corde di contrabbasso.

Tutte queste perle di memoria contengono una storia interessante, una storia credibile, dai risvolti imprevedibili, accattivante, che cattura il lettore fino alla fine.

Sbrogiò è un musicista e di musica è pieno questo romanzo. Di musica e di musicisti.

Di amici musicisti, come Andrea Tich che ne è proprio personaggio.

Davvero una bella sorpresa questo romanzo. Una lettura che ha l’effetto di un bagno nella piscina della memoria.

Ed in effetti della mia vita ho parlato e non della trama del romanzo.

Forse era inevitabile.

Chiunque leggerà questo romanzo vi troverà tanti e tanti elementi della propria vita. Così come è capitato a me.

Non mi è servita, infatti, la preziosa guida di contestualizzazione per millennials alla fine del romanzo. Era il mio contesto, la mia vita.

Ad ogni capitolo, di più, ad ogni pagina, scampoli e frammenti di quella fabula che è stata la mia vita. Come favolosa ci appare la nostra vita quando ci volgiamo verso di lei senza l’ansia, l’incertezza e l’urgenza del presente.

Quando la riattraversiamo senza temere che dal cantone spuntino i due mostri del rimorso e del rimpianto.

Quando la dolce malinconica nostalgia ci riappacifica con noi stessi e ripercorrendo quei frammenti di fabula magari qualche lacrima scenderà, ma bagnerà un sorriso, una risata, indulgente verso ciò che siamo stati (ed ancora siamo, vivaddio).

Storia di Tich

Verso la fine del romanzo, Sbrogiò lancia un ponte ideale all’amico Tich.

Descrivendo gli sviluppi successivi di uno dei personaggi scrive:

“La grande occasione è arrivata di recente: pare che Andrea Tich abbia deciso di affidargli il prossimo album, che si preannuncia il più onirico e psichedelico della sua carriera, accompagnato, oltre che dal batterista di sempre Claudio Panarello, da una vera e propria orchestra.”

Un album davvero onirico e psichedelico. Fatto di strutture musicali inconsuete, spennellate dalla Magister Espresso Orchestra di Sbrogiò.

I versi di Tich, strani, talmente ricercati da apparire semplici, galleggiano nel magma sonoro, sostenuto dalla ritmica di Panarello.

Un album compendio, che riconosce il tempo passato e l’evoluzione musicale nel frattempo sviluppata, ma a quel tempo, a quella musica, a quella memoria, ostinato si appende.

Una conversazione sonora.

Grazie alla temeraria energia di Franco Neri ed Aldo Mantineo, tenutari di quella casa d’appuntamenti culturali che è il Dehors della Pasticceria Neri, ieri sera ho guidato una curiosa conversazione sonora con Alessandro Sbrogiò, Andrea Tich e Claudio Panarello.

Ancora una volta le sedie ed i tavolini non sono bastate ad accogliere i tanti appassionati e curiosi venuti ad ascoltarci.

Abbiamo parlato del romanzo, della loro storia musicale.

L’attore Davide Sbrogiò ci ha letto alcune pagine dal romanzo.

Abbiamo ascoltato qualche accordo della loro musica.

Abbiamo insieme condiviso che la generazione raccontata nel romanzo, e cantata nelle Strane Canzoni di Andrea Tich, è una generazione di cerniera.

Una generazione che ha aperto per la prima volta alcune porte e indicato strade che ancora gli uomini e la musica vogliono percorrere.

Ci piace lasciarvi con la delicata ballata Megavita Megamore, che in un ideale percorso, ritorna al libro, al racconto di una generazione, di cento possibilità.

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