In occasione delle riflessioni che abbiamo fatto sull’opera di Verga, nel centenario appena concluso, una quota di attenzione l’abbiamo dedicata alla Cavalleria Rusticana, la novella, l’opera lirica, il film.
La fortuna della storia di Cavalleria Rusticana, in ogni forma si esplichi, è data dalla forza della vicenda. Tradimenti, illusioni, speranze, sensualità e umanità, istinti e passioni. Tutto concorre al racconto di una storia universale, che appassiona di qua e di là della Manica o dell’oceano, e che dura nel tempo, dentro la quale caschiamo ogni volta.
In particolare la fortuna è dovuta all’opera, alla musica e ai versi che la raccontano ancor oggi in ogni angolo del mondo. Creazione di un giovanissimo Mascagni, che fece la fortuna economica anche dello stesso Verga, con la prima causa civile italiana sul diritto di autore.
Ogni volta che prendo in mano un libro di Ammaniti so già che ci cascherò dentro. So già che ci troverò una storia che mi imprigionerà. Una storia di tradimenti, di illusioni, di speranze, sensuale ed umana, governata da istinto e passione, in un congegno narrativo ineluttabile.
La mia esperienza con la scrittura di Ammaniti è cominciata con un matrimonio. Due amici di sempre, una colonna su cui poggia una parte della mia vita, quando si sono sposati, hanno scelto un libro di Ammaniti come bomboniera. Una scelta azzeccata. Una scelta memorabile. Un regalo per sempre.
Le pubblicazioni di Ammaniti non sono regolari, né ritmate da esigenze commerciali. Il suo libro arriva inatteso e sorprendente e ti fa l’occhiolino dagli scaffali e dalle vetrine.
Questo ‘23 che si preannuncia già carismatico e cruciale (come tutti gli anni) si è aperto con “La Vita Intima”. Poco meno di una settimana della vita di Maria Cristina, donna dalla bellezza ineguagliabile, moglie del Presidente del Consiglio Italiano.
Con la consueta meccanica narrativa inarrestabile, Niccolò Ammaniti ci cattura dentro gli eventi, più o meno cruciali, di queste poche giornate di un inverno scontento di Maria Tristina, e butta la chiave.
Mentre ci trasporta nell’angolo più remoto di questa donna, mentre ci sollecita il nostro peggior voyeurismo nel seguire le dinamiche oscene della sua coscienza, Ammaniti ci racconta della nostra Italia, social e politica, fatta di guru, consulenti, assistenti, giornalisti, politici, televisione, media, opinione pubblica frastornata, con quasi lo stesso livello di oscenità.
Maria Cristina è un personaggio completo, di cui scopriamo ad ogni paragrafo un profilo. Intorno a lei ruota un microcosmo perfetto, bilanciato ed equilibrato.
Ma poi arriva l’imponderabile.
Arriva l’inatteso.
Per dirla con Pirandello, poi ad un certo punto fischia il treno, e Maria Cristina lo sente.
Gli eventi rotolano verso l’impatto finale. Verso l’inevitabile epilogo di questa vita così vissuta.
A noi lettori non resta che abbandonarci alla luce fioca dell’abat-jour, girare dall’altra parte la sveglia sul comodino, per fingere di non vedere quanto avanzi la notte, e rotolare insieme agli eventi, insieme a Maria Cristina, a Luciano, a Nicola, a Irene, a Caterina, a Domenico…
Le piattaforme streaming Tv ci hanno allettato con tante gustose miniserie italiane, tratte da romanzi italiani. Hanno riscattato la fiction italiana dal greve sapore di provincialismo cui le Tv generaliste ci avevano abituato.
Già con Anna, la letteratura di Ammaniti aveva offerto una perla indimenticabile.
Credo che dovremo attendere poco per vedere vivere sullo schermo questa Maria Cristina, questa Italia, raccontate da Ammaniti.
Potremmo far partire già il toto attrice, per il ruolo di Maria Cristina.
Io punto una fiche su Kasia Smutniak.
Ho già detto che questo romanzo racconta la vita intima di una donna, ma disvela anche la vita intima di un Paese, il nostro, della sua Politica.
Vi si prospettano maturi i tempi per una presidente del consiglio donna, ma si racconta di un presidente del consiglio ancora uomo, un avvocato di successo, tentato e tradito dalle lusinghe della politica.
In un congegno narrativo così perfetto nulla può essere lasciato al caso. Sicuramente non la scelta dei nomi dei personaggi.
Una domanda allora mi resta fissa al centro della fronte: perché questo presidente del consiglio, che si ostina a voler essere autore di Maria Cristina, anche quando ormai Maria Cristina vuole autodeterminarsi, si chiama proprio Mascagni?