Tra Barthes, Bufalino e De André, Madame torna sul palco di Sanremo

Francesca ha riportato Madame sul palco di Sanremo.

In base alle programmazioni e ai sorteggi ha debuttato nella seconda serata, mercoledì.

Con un look total white, stivaloni alla coscia, che, per un boomer come me, fanno tanto Piper, e giacca ampia su pantaloncino cortissimo.

Rispetto alla prima comparsa su quel palco si ravvisa subito una maggior consapevolezza della sua capacità di sedurre.

Madame ha portato una canzone perfettamente integrata in quello che ormai è universalmente conosciuto come il suo stile.

Già dal titolo.

Dopo aver subito la miope limitazione della bacchettona organizzazione del Festivàl, il titolo originale, chiarissimo, diretto e immediato: Puttana, deve cedere il passo ad un meno urticante “Il bene nel male”.

Ma non tutto il male viene per nuocere, mentre qualche dubbio sulla nocività del bene ci rimane.

Le allitterazioni del nuovo titolo sono un anticipo del giuoco linguistico tra bene e male che Madame rimbalza nella sua esecuzione.

Un manifesto quasi.

La vicenda raccontata in musica è stata indicata dalla stessa cantante come l’incontro dopo tanto tempo (tanto, tanto, tanto, tanto) di una prostituta (da cui il titolo censurato) ed un cliente speciale, un cliente particolare, un cliente per cui forse sarebbe valsa la pena di…

La forza con cui è raccontato il tema del rimorso e del rimpianto si adatta però a tante storie di amore, concluse, non si sa perché, non si sa per chi.

Alcuni versi incastonati tra le tante allitterazioni così tipiche ci restituiscono una intensità che misura la profondità della sensibilità artistica ed umana di Madame.

A me resta il bene, a te resta il male
Non male per me
Non sono nemmeno un dolce ricordo
A me è rimasto il rimpianto,
A te soltanto il rimorso

In poche righe viene plasticamente dipinta la diversa sensibilità, la diversa misura delle cose, che rendono una relazione, un amore sempre una lotteria.

Raramente due amanti sentono e vivono la stessa cosa, allo stesso modo, nello stesso tempo, e ricordano alla stessa maniera le fasi ed i momenti dell’amore.

Ciò che per uno è rimpianto, per l’altro è rimorso.

Ciò che per uno è ricordo per l’altro è dimenticato.

Sta tutta qui l’intrinseca strutturale precarietà di ogni storia.

Sarò una puttana
Ma sei peggio di me
Perché di tutto quello che ti ho dato
Potevi tenerti tanto tanto tanto
Di quel bene nel male

Non si tratta di rintracciare colpe e meriti, non serve l’approccio giurisdizionale, tribunalizio, nelle storie d’amore.

Non sempre la puttana è la parte sbagliata della storia.

Chi spreca l’amore, chi non ne sa custodire il bene nel male, è colpevole.

Il reato più grave, inemendabile, lo spreco.

Da chi ti è dato non è importante
È sempre del bene, nel male
Amore

La colpa più pesante il condizionamento, il discriminare, il dividere surrettiziamente tra amore consentito, ed amore proibito.

Da dovunque provenga, l’amore, è sempre dalla parte del bene, mai del male.

Questa puttana che ama, ci casca, dimentica il divario insanabile che la società ha posto tra prostituta e cliente, ha molte ascendenti importanti, che fanno parte del nostro Pantheon, ed immaginiamo anche di quello di Francesca, prestato a Madame.

C’è la Cabiria di Giulietta Masina e di Federico Fellini. E non possiamo dimenticare che quel capolavoro che fu Le Notti di Cabiria, è intramato di tantissime influenze che hanno armato la cinepresa di Pasolini, aiuto regista molto attivo del Maestro.

C’è la maschera tragica di Titina De Filippo, eterna Filumena che, vuoi per le bombe, vuoi per quella schiavitù che è l’amore quando ti prende, conserva la mille lire, volgarmente e indifferentemente gettata dallo stolto Don Dummì.

Le tante prostitute dell’immaginario di De André, da Marinella alla graziosa, che vivono amando con poesia e mal posta fiducia la loro altrimenti prosaica e disgustosa vita.

Queste prostitute amanti, che avranno popolato la fantasia delle piccola Francesca, in qualche pomeriggio di bianco e nero televisivo, emergono trasformate e sublimate in questa puttana che ha imparato a distinguere il bene nel male. Che ha imparato a vivere senza più rimpianti.

Che è pronta a vivere pienamente l’amore ogni volta che si presenti.

Questa dimensione moderna ed attuale del discorso amoroso la trovo nel verso più bello, nel verso che immortala questa canzonetta, per chi crede ancora che siano solo canzonette.

Un verso che mi riporta alla genesi del mio pseudonimo, che mi riporta alla mia palestra adolescente di sentimenti e letteratura.

In Argo il cieco, il maestro Gesualdo Bufalino, al professore del magistrale, protagonista del romanzo, vittima di innamoramenti tanto cocenti, quanto impossibili, e spesso non dichiarati, fa dire: “sono io che l’amo, lei che c’entra.

Madame al centro di questa appassionata canzone canta:

L’amore è solamente
Di chi prova amore
Non è di chi lo riceve

Chiarendo una volta per tutte, di quale pasta sia fatta questa meravigliosa e terribile macchinazione divina che è l’amore.

Chiarendo una volta per tutte, come vada vissuto questo incredibile accidente che ti occorre e ti inciampa.

Vivendo, senza rimpianto, ogni amore, vivendolo per se, vivendolo senza vergogna, calcolo, o opportunismo.

Solo così, solo vissuto per se, questo amore ti lascia il bene e dimentica il male.

Solo così, senza vergogna, senza condizionamento sociale, il male resterà all’altro, a chi non ha capito, a chi non ha saputo, a chi inseguirà un rimorso.

La cover

E poi venerdì venne la serata dei duetti, delle Cover.

Era quasi mezzanotte, al centro del palco seduta su una sedia di legno e saggina, come quelle da cucina, in un adolescenziale abito bianco che lasciava scoperto il ginocchio accavallato, ancora più seducente nella sua semplicità.

Accanto, su altra sedia uguale, Izi.

Una chitarra acustica arpeggia note conosciutissime, e chiudendo il cerchio con le riflessioni indotte dal brano in gara, Madame inizia a spostare gli accenti su Via del campo.

Una versione intima, domestica, da tinello, con appassionata intonazione e tanto amore per Faber, impreziosita dal ruvido talento genovese di Izi.

Al capolavoro immortale di Fabrizio De André, Madame ha aggiunto una strofa, declamata alzandosi in piedi ed avanzando sul palco a sfidare tutti i benpensanti in platea.

Una strofa che interpola concetti e parole del maestro e che offre unica linea, unica visione, alla sua presenza di quest’anno a Sanremo.

Signori della giuria delle corti della giustizia
guardate in basso a noi i serpenti di Eva.
Grandi professori dai grassi polsi diamantati
guardatemi negli occhi e beneditemi.
Signori della platea ai piedi della mia croce
scagliate la prima pietra se non siete peccatori.
Per chi ha la faccia pulita ma il cuore nell’errore,
fuori dalla mia vita voglio amore voglio amore

Non ha vinto Sanremo, ma si impone ancora una volta come artista da esplorare, da scoprire, da amare.

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