Non saprei dirvi come fu, né quando fu, ma a un certo punto mi capitò tra le mani un fascio di fotocopie del ciclostile che aveva distribuito Moccia a Roma.
Non biasimatemi per averne perso memoria, traccia o copia. Non fui lungimirante, non immaginai per nulla il successo che sarebbe arrivato.
Ero rimasto colpito dal linguaggio grezzo, e dalla forza ruspante della narrazione. Soprattutto mi colpiva la localizzazione in strade e quartieri che, per motivi familiari, saltuariamente frequentavo, in particolare Euclide, ovviamente.
Quando quella vicenda tornò in circolazione nella vera forma editoriale con il titolo Tre metri sopra il cielo, la rilessi avidamente in una notte, rilevandone l’evoluzione.
La storia pariolina di Step è diventata paradigmatica di una generazione e, complice la versione cinematografica con Scamarcio, ha impresso un segno indelebile nella generazione di quegli anni (c’è un podcast molto intrigante che tra le altre cose parla pure di questa influenza sui nostri tempi: Il Decennio Breve, con la brillante Alice Valeria Oliveri).
Tanta acqua è passata sotto i ponti, tanto Tevere è scorso.
Alla chiusura di questo primo quarto di secolo, di nuovo la figura del maschio giovane di Roma Nord o Est, torna prepotentemente alla ribalta. Due ragazze molto intelligenti e spiritose hanno creato un microcosmo digitale, dove ne sottolineano le caratteristiche ridicole, ne prendono in giro i tic, le contraddizioni, le manie, i vezzi e le abitudini.
Maria Chiara e Valeria, le Eterobasiche.
Dopo aver provato a esportare la loro irresistibile satira anche in tv, si sono cimentate in una prova più compiuta: hanno scritto un romanzo, Romanzo di un Maschio, pubblicato con Einaudi.
In realtà il romanzo lo ha scritto Maria Chiara, ma circola e viene presentato e accompagnato dalla ditta al completo delle due dissacranti eterobasiche.
Comunque un altro romanzo che racconta luoghi a me familiari: i luoghi dove vivono ora i miei figli.
Gli sprazzi e gli spunti decisamente ironici e sarcastici, di presa immediata sul web o in tv, trovano in questo romanzo una articolazione e una rappresentazione meno frammentaria. La storia di questo maschio di ventotto anni, laureato Luiss, con l’urgenza di fare soldi, presto e tanti, con molti punti fermi a cui si arrocca e da cui si fa avviluppare, si dipana con abilità narrativa, con fluidità non comune.
Acquista la dimensione letteraria che non sempre la versione su carta dei successi travolgenti televisivi (oggi più social e web che televisivi) riesce a raggiungere.
Il lettore, quindi, attratto dall’eco romanesco, dai tic divertenti, dalle folgoranti manifestazioni da maschio, bianco, etero, e decisamente basic, cui lo hanno abituato i reel e i video su TikTok, entra in confidenza con il protagonista narratore in prima persona della sua storia, e con tutto il microcosmo che gli riempie la vita. L’inseparabile Jacopino, la fidanzata storica Bianca, la sorella Silvia, i genitori (inadeguati ca va sans dire) e tutti gli altri che incontrerà in questi mesi post laurea. Persino gli inaspettati Cash e Mercedes.
Le immancabili vacanze a Mikonos, l’ossessione per le griffe, i frequenti riferimenti romaneschi sono le sfavillanti locandine che attirano gli avventori del libro.
Li ritroviamo, si ritrovano, tutti gli stereotipi comicamente estremizzati dalle due imprevedibili autrici satiriche.
Ma la forma romanzo prende loro la mano.
Dal superficiale sberleffo (che comunque non era poi così superficiale) man mano che vivono con lui le incertezze, i rovesci, le inadeguatezze, i sogni che si infrangono miseramente contro il vetro della realtà, sembra che imparino a conoscerlo meglio questo maschio eterobasico.
Provano a comprenderne meglio la genesi, le motivazioni, il contesto culturale da cui è stato condizionato. Provano a dargli un’opportunità.
Diventa così una storia anche di resilienza (categoria che sarebbe piaciuta forse più a Simona, l’amica vegana della sorella, che alle stesse autrici temo, ma ci caschiamo tutti in questi imperanti luoghi comuni).
Mutatis mutandis, il nostro luissino, mentre cade dal grattacielo della sua inossidabile sicurezza materiale e (a)morale, come nella sigla di Mad Men cade Don Draper, si sforza di conoscersi, cerca di difendersi, impara da se stesso che poi non è così vuoto, coatto, sòla come lo dipingono (e come si è orgogliosamente raffigurato anche lui prima).
Rivendica anche lui un posto nel mondo, rivendica anche lui rispetto per la sua natura, per la sua volontà, per la sua “cultura”.
Insomma questo luissino, da macchietta, da reel, da meme sbeffeggiato, diventa un tipo sociale, un personaggio emblematico di un mondo, diventa lo Step ai tempi dell’IA (Maria Chiara scherzando dice che il romanzo lo ha scritto ChatGPT).
Così questa Roma della fine del primo quarto di questo secolo, che ruota intorno al nostro eterobasico, diventa un affresco di questi giorni, e ci mostra per differenza e per rimbalzo, cosa è successo negli ultimi venti trenta anni. Cosa ha trasformato i Tre Metri sopra il Cielo, nei Tre Metri Sotto il cielo, di questo quadro. Cosa abbiamo lasciato sul campo, cosa abbiamo perduto, forse, per sempre.
Ma vuoi vedere che le Eterobasiche, mentre ridevamo con loro, e anche un po’ di loro, hanno scritto il primo vero romanzo politico di questo quarto di secolo?