Libri che si parlano – La nebbia e il fuoco / Se una mattina d’estate un bambino di Roberto Cotroneo – Feltrinelli / Neri Pozza

Rispetto alla media delle case italiane degli anni Settanta avevamo librerie piene di libri. Conoscevo altre case in cui i libri erano molti di più, ma conoscevo anche altre case in cui i libri non c’erano o erano pochi e disposti per arredamento. Curiosando da ragazzino nei negozi di mobili che frequentavamo per arredare la nuova casa che stavamo realizzando, mi divertivano quei libri eleganti e belli, anche di dimensioni ragguardevoli, che usavano nelle esposizioni per dare il senso delle librerie. Li prendevi in mano e scoprivi che erano solo copertina e dentro non c’erano le pagine, ma solo un riempimento di cartone per farli stare in piedi. Mi rimase un vizio: quello di curiosare nelle case che frequentavo tra i libri esposti, con il segreto desiderio di scoprire qualcuno di questi fake books, spacciati per segno di ostentata cultura. Non ne trovai molti, ma uno lo trovai in una casa davvero insospettabile (ovviamente non vi dirò mai in quale casa).

La fame di libri che mi portai appresso da ragazzino mi portò a moltiplicare sia i libri che le librerie, fino alla salvezza tutta tecnologica degli ebooks che hanno smesso di occupare scaffali e pareti.

Ogni mese aumentavano i libri da sistemare nelle librerie. Cercavo il posto più consono, i vicini più adatti. Andavo per autore o per tematica, o per provenienza, o per gradimento. La molteplicità dei criteri e la crescente esigenza di spazio per le nuove scoperte o conferme, mi portavano a spostare spesso i libri e a redistribuirli.

Ancora oggi sono convinto che, nottetempo o quando non visti da noi abitanti della casa, i libri comunque facessero di testa loro e si spostassero andando a cercarsi compagni adatti per una chiacchierata. Così quando veniva il momento di sistemare i nuovi libri e cercavo i compagni a cui avevo scelto di affiancarli, non li trovavo mai dove ricordavo di averli messi. Si erano spostati. Si erano andati a mettere vicino ad altri libri con cui avevano da scambiarsi qualcosa. Alcuni mi sorprendevano, ma poi riguardando capivo che avevano avuto ragione e le vicinanze (le affinità elettive, se volete) scelte autonomamente erano anche più azzeccate delle mie.

Capite, quindi, perché non mi ha sorpreso l’affermazione che fa Roberto Cotroneo (più volte proprio) che i libri si parlano.

“La letteratura è un mondo analogo, dove i libri si parlano tra di loro: per entrarci bisogna fare un salto, andare da un’altra parte. E dopo, il ritorno è difficile, perché quei personaggi continueranno a parlarti, a consigliarti, a farti prendere decisioni.”

I libri si parlano, proprio a cominciare dai suoi due libri che ho avuto l’occasione, fortunata e non pianificata, di leggere in sequenza.

Sto parlando della nuova edizione di Se una mattina d’estate un bambino e di La nebbia e il fuoco. Il primo è una lettera aperta al figlio Francesco, pubblicata la prima volta nel 1994 (quando ancora i miei libri saltavano da uno scaffale all’altro) che cerca di spiegare come muoversi tra le pagine e i versi. Il secondo è il risultato di uno scavo interiore, cominciato prima certo, ma sicuramente rinforzato nel 1994 per la preparazione di quella guida (troppe citazioni lo spiegano) e concluso, o almeno giunto a elaborazione matura con la revisione nel 2024 di quella guida.

Numerose recensioni stanno chiarendo valore e portata del libro La nebbia e il fuoco, a quelle aderisco, aggiungendo solo qualche nota.

La nebbia e il fuoco è uno straordinario esempio di utilizzo intelligente della Memoria, troppo spesso confusa con la nostalgia e con l’imbozzolarsi nella propria bella età andata. Nonché il frutto dell’elaborazione di un sentimento frusto e mal compreso, ma tanto necessario: la Gratitudine.

Dentro queste due direttrici ci sono tantissime altre cose, sempre al servizio di queste due finalità.

C’è la Storia, con i suoi racconti partigiani, con le sue luci e ombre, con le donne e gli uomini che l’hanno vissuta, per celebrare la Memoria e rinforzare la Gratitudine.

C’è l’Italia, manzonianamente nascosta nel borgo natio, confinando nella incolpevole città di Alessandria molte delle cose che di questo Paese andrebbero superate per rifondare la Memoria e per esercitare la Gratitudine.

C’è l’illustrazione della forza di un’arte pedagogica che a tutti i livelli costituisce il fondamento della crescita umana personale e della crescita civile e culturale di una generazione, di una città, di un Paese. L’esempio più alto di Gratitudine di questo libro e il momento più doloroso di confronto tra Memoria e presente. Tutti abbiamo avuto uno o più Maestri, da ricordare grati, che anche senza volerlo esattamente, ci ha dato la creta con cui ci siamo plasmati. Aldo diventa l’emblema del lievito madre che più o meno fortunosamente siamo riusciti a non far morire.

Così Cotroneo, che non aveva ancora finito i suoi conti con Aldo, con Umberto Eco, e con gli altri personaggi che hanno accompagnato il suo percorso autocreativo, (e con se stesso), inconsciamente si pone il problema se sarà in grado di essere Aldo per suo figlio Francesco e si cimenta in una godibilissima disamina, pedagogicamente finalizzata, di tre romanzi, una poesia, un poemetto, (e poi aggiungerà anche gli appunti per una conferenza) a futura memoria del piccolo bambino che insegue le sue storie della coccinella.

Roberto Cotroneo tra le pagine di questa guida mette più volte in guardia il piccolo lettore (e anche il blogger tardivo di oggi) dalle letture e interpretazioni fantasiose, che si alimentano solo della suggestività delle ipotesi e mirano a fare confusione (e a mettersi in mostra davanti al testo che si commenta o critica).

“La letteratura è anche questo: scelta. Volontà di prendere da un testo quel che si vuole, alcune parti, e non altre. L’importante è che poi l’interpretazione sia legittima e non arbitraria.”

Ritengo però che la mia lettura interconnessa dei due libri, nonostante i trent’anni che li dividono, sia fondata e trovi conferma nelle loro stesse pagine, sovrapponibili in qualche caso. Nella scelta della stessa poesia scelta da Aldo. Nel ricordo che traspare in filigrana in molti momenti della guida, anche quando non espressamente citato.

“Ho avuto uno straordinario professore al liceo, d’inglese, che mi ha insegnato cosa mai fosse la letteratura, e lo ha fatto senza la preoccupazione della sacralità, senza mettersi su un piano più alto”

Così tra L’isola del tesoro di Stevenson, il Catcher di Salinger, mr. Prufrock e la Terra desolata di T.S. Eliot, il Glenn Gould di Thomas Bernhard e, poi, le Lezioni americane di Calvino, Roberto Cotroneo prova a dare fondamento alla sua idea di letteratura, di vita e del mondo.

Roberto Cotroneo spiega a Francesco che i libri fanno crescere:

“Perché ti insegna che l’avventura non è altro che un rito di passaggio, che le avventure della vita non servono a scoprire qualcosa di nuovo, non appartengono al fantastico, al sogno, ma servono a diventare grandi, costi quel che costi. A Jim costa molto caro: conoscerà la violenza, la crudeltà, il tradimento; avrà a che fare con la propria indecisione, con i sentimenti di colpa. E infine, cosa più importante di tutte, vivrà la doppiezza, l’ambiguità. Saprà che tutto è appeso a un filo, ma, cosa che molti preferiscono non dire, questo filo non è manovrato da nessuno, è un filo casuale”

Che con i libri si conosce il mondo, ma, soprattutto, conosciamo noi stessi, (o almeno ci proviamo):

“Tutti i libri danno questa possibilità: tutti i libri sono macchine interpretative dotate di una coscienza, la tua. Qui sta la grandezza dei libri: vogliono letture diverse, si aprono con chiavi che devi cercare, o che la fortuna ti lascia tra le mani quando meno te lo aspetti. Non si concedono a tutti; tanto meno a chi non li cerca. Ti capiterà di aver a che fare con libri che non riuscirai ad aprire, di cui non troverai la chiave.”

Che abbiamo tutti bisogno della poesia:

“Perché la poesia serve a capire il mondo. Non a deliziarsi. O meglio: non solo a deliziarsi. ”

Che è importante osare, prima che sia troppo tardi, per non restare invischiati, per non privarsi della opportunità di osare:

“(…)non è uomo che non osa per ignavia o per disincanto: non osa perché teme le conseguenze del suo gesto. Sa che quel gesto potrebbe smuovere una montagna. Anche se, a prima vista, potrebbe apparire solo come un piccolissimo gesto.”

“Non riesce a sopportare la mediocrità del suo vivere, ma anche la mediocrità del vivere del mondo. Non sopporta che tutto corra secondo la regola del grigiore e che in questo grigiore ci sia anche lui. Incapace di fare la cosa più semplice, qualcosa che per lui diventa irraggiungibile:”

Che esistono due forme di ignoranza:

“(…)l’esibizione dell’ignoranza è volgare. Non è l’umiltà del so di non sapere, è l’imbecillità del non me ne importa nulla di sapere.”

Che l’ignoranza abbrutisce il mondo:

“Eliot vuole dire che in un mondo abbrutito come quello in cui lui viveva (in cui noi viviamo, perché non è cambiato, ottant’anni dopo) anche Michelangelo rischia di trasformarsi in un discorso a poco prezzo, in una stanza «di passo», dove si sente odor di gusci d’ostriche e di segatura: vale per Michelangelo come per Dante, come per la Bibbia, poco importa.”

Che i libri insegnano a mettere in prospettiva se stessi e gli altri, che insegnano a riconoscersi nei propri limiti e nelle proprie potenzialità:

“Il problema è sfiorare la genialità. Non guardarla da lontano. Guardarla da lontano è cosa tollerabile; sfiorarla è qualcosa che sconvolge.”

Soprattutto, Roberto Cotroneo indica al piccolo Francesco che i libri e la poesia non sono dei totem da adorare, che si può essere liberi anche nella fruizione dell’arte (qui, oltre Aldo, Umberto Eco e il Gruppo ’63 hanno proprio lasciato il segno):

“Tutti quelli che sanno leggere veramente lo sanno: sanno che la lettura non è un binario ferroviario, che spesso procede a salti, che a volte può essere abbandonata, perché è già sufficiente quello che si è letto. Ma la domanda che ti faranno sarà sempre la stessa: «Ma tu Proust lo hai letto tutto?» E gli insegnanti ti diranno che un libro letto non è un libro letto se non lo si è finito. Eppure nella tua vita, Francesco, salirai su autobus a metà corsa, prenderai treni che hanno iniziato il loro viaggio già da molte ore, entrerai d’improvviso al centro di discussioni di cui ignorerai ciò che si è detto prima e comincerai a guardare film iniziati da tempo, ascolterai per radio o per strada musica di cui non saprai mai, forse, come sarebbe stato il primo movimento, o la prima strofa. Per non parlare del telecomando della televisione, che moltiplicherà questo effetto in modo esponenziale”

“Si può fare, Francesco, non preoccuparti, si è sempre fatto”

Che non bisogna restare costretti sui sentieri conosciuti, che non si può temere di superare le colonne d’Ercole, che occorre accettare, includere, una dose di funambolìa mentale che consenta di comprendere anche l’altro da noi:

“Non fidarti di quelli che non riescono a tollerare che a volte per capire c’è bisogno di un corto circuito mentale”

Che occorre aspirare a “un mondo che non mette al primo posto l’ambizione…”, combattendo coloro per cui “la creatività è eversiva”.

Che l’arte nasce con due colonne portanti che stanno insieme e insieme cadono:

“(…) il tempo della creazione vuole uno squilibrio tra questi momenti. L’intuizione istantanea e poi il lavoro di lima, l’aggiustare di continuo le cose che scrivi fino a che non senti che quello che stai facendo è giusto.”

A ben vedere in questa ultima citazione di Calvino, Cotroneo più che parlare al piccolo Francesco sta inconsciamente giustificando il rinvio della resa dei conti che riempirà le pagine di La nebbia e il fuoco.

Questa ultima considerazione apre ancora di più la sensazione che Roberto Cotroneo abbia scritto la sua guida pedagogica per tutti, per Francesco certo, ma anche per me e per gli altri lettori. D’altronde nel 2024 Francesco dovrebbe avere ormai trentadue anni e la sua strada l’avrà già presa, grazie a quella guida, anche se avrà deciso di contestarla e di contrastarla.

Per tutti i lettori di questi trent’anni e quelli che seguiranno, che potranno fare uso della sua Memoria ed elaborare la propria Gratitudine per lui, chiamarlo Maestro, proprio come ha fatto quest’anno Cotroneo con Aldo.

“Oggi, caro Francesco, mi mancano persone come lui, capaci di spaziare da un argomento all’altro tenendo costante il livello dell’intelligenza. Spero che tu possa avere questa fortuna perché solo persone così potranno farti capire che la letteratura, il sogno di cui parleremo in questo libro, non è solo un gioco intellettuale, ma è l’unico modo per capire il mondo, l’unico per inforcare le lenti dell’ambiguità, cadute ormai in disuso.”

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