Trova l’intruso – Destinazione errata di Domenico Starnone – Einaudi

Se un giorno decidessi di scrivere un romanzo basato su un equivoco che metta a rischio una relazione stabile, credo che partirei da un classico utilizzato in tantissimi casi in varie modalità, lo scambio di destinatario di una comunicazione riservata.

Nel caso di una relazione di coppia contemporanea partirei da un sms originariamente pensato per l’amante, erroneamente inviato alla moglie, da cui si dipanerebbe tutta la vicenda.

È inutile dirvi che sarebbe un romanzo banale, una vicenda ordinaria e prevedibile, non solo per la mia inettitudine, ma proprio strutturalmente per il pretesto usato (abusato, anche).

Domenico Starnone non farebbe mai un errore simile.

Infatti, anche il suo ultimo romanzo, Destinazione Errata, per Einaudi, prende l’avvio da uno scangio, da un distratto sovrapporsi di messaggi, ma lo scambio che immagina Starnone è invertito: un domestico e comodo “Ti amo” scritto per la moglie, finisce nella coda dei messaggi di una collega con cui da due anni condivide una serrata collaborazione, assolutamente affrancata da complicazioni sentimentali, o anche solo sessuali.

Potrebbe finire tutto in una risata collettiva, in un episodio da raccontare nelle cene che spesso uniscono le famiglie dei due colleghi, ma Starnone è Starnone, la sventurata rispose: “finalmente ti sei deciso. Ti amo anch’io”.

Non serve che vi racconti la trama seguente, le complicazioni, le vicende che precipitano verso una conclusione, che deviano improvvisamente verso altre conclusioni, i personaggi che entrano dentro questa vicenda con sempre maggiore partecipazione più o meno consapevole, lo lascio alla vostra divertita e appassionata lettura.

Sottolineo però, che da questo espediente, e, proprio dalla concezione di questo espediente letterario, Starnone coglie lo spunto per descrivere plasticamente l’ampio ventaglio di emozioni, sensazioni, di pensieri segreti, di scelte subite, o forse no, che una vita di coppia può rappresentare. In concerto con i pensieri segreti, assolutamente oscuri, che covano dentro ciascuno dei partecipanti alla coppia, o meglio alle due coppie in gioco.

Anni di certezze si sgretolano in un attimo, senza alcuna reale prospettiva, solo per inseguire le conseguenze imprevedibili di un errore.

“Ci si sbraccia subito come se fosse chissacché e poi si scopre che è soprattutto abbaglio e confusione.”

L’evento scatenante è fortuito e casuale, non comprende colpa, eppure il protagonista piano piano sprofonda nella sensazione della colpevolezza, kafkianamente inizia a misurare gesti e parole, per temere di svelarsi colpevole, dolosamente colpevole. Sprofonda nella menzogna.

“La bugia era nata in un lampo, insieme alle parole che le davano forma, e senza il minimo segno di imbarazzo. Quel mentire disinvolto mi aveva dato piacere come danno piacere le cose che riescono bene. Non era ovviamente un piacere nuovo, mi era ben noto fin dall’infanzia”

Starnone ci racconta che accade proprio così. Un marito, sereno e appagato, avvolto dentro la sua famiglia con tre figli straordinari, una moglie bellissima, innamorato perso della moglie, per un accidente fortuito riscopre parti di sé che credeva dimenticate.

“ Mi tornò da molto lontano la gioia dello sconfinamento”

Risente quel sottile frizzante brivido che la menzogna restituisce al mentitore.

“Chi ero o meglio chi stavo ridiventando senza volerlo.”

Anche i migliori orologi, di fabbricazione artigianale o industriale, curati fino all’inverosimile nella loro meccanica, possono perdere il loro ritmo per un granello di polvere o una goccia di acqua che si insinui, senza colpa di nessuno, dentro i minuscoli perfetti ingranaggi.

Quel misto di paura e di desiderio che nasce dall’errore diventa così seducente e irresistibile, tanto da far pensare che forse l’errore sia solo apparentemente un errore. Forse lo spirito indomito interiore, il guizzo animale che coltiviamo dentro, ci ha spinto a inviare quel messaggio alla destinazione corretta, facendoci credere che fosse errata.

Dove finisce il caso? Dove comincia la colpa? Dove porta la corrente scaturita da questo errore, casuale o colpevole?

Tra le varie riflessioni che suscita questo racconto, quasi bergmaniano, queste scene da un matrimonio e da un adulterio, Starnone trova il tempo e il modo per raccontarci di cosa parliamo quando parliamo di amore.

Con un insostenibile impeto kunderiano lascia a Claudia, la collega destinazione errata, il compito di spiegarci come ci si innamora, perché ci si innamora, cosa diavolo spinge a mettere la propria vita nelle mani di un altro essere umano in questo modo indifeso e fragile.

“Era cosí bello vederti giorno dietro giorno, mi faceva piacere che tu stessi in tutti i discorsi, a casa, fuori, dovunque, e insomma mi sono innamorata.”

L’immagine è chiara. Lo sguardo di insieme non mostra crepe. Il paesaggio è fiammingo, dettagliato in ognuno dei particolari che lo compongono, restituisce una sua serenità che attrae, che consola, che conforta.

Come nei giochi enigmistici però una più attenta osservazione permetterà di cogliere la presenza eventuale di intrusi o errori.

Basta un minuscolo dettaglio incongruente, un albero dove non dovrebbe essere, una porta che non va da nessuna parte, una grondaia staccata, un gatto che finge di essere altro, un messaggio alla destinataria sbagliata, e il quadro si incrina, tutto si polverizza e le macerie travolgono quella insensata felicità che non avevamo colto essere soltanto apparente.

Domenico Starnone ci regala un’altra irresistibile lezione su come funziona (o non funziona) la coppia, sulle motivazioni che spingono all’azione gli uomini e le donne, sulla non necessaria coincidenza tra pensieri e azioni. 

E ancora una volta non ha sbagliato destinazione, i destinatari siamo noi, tutti e tutte noi.

 

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