Sempre più prolifica la vena dei giallisti siciliani.
Da quando trent’anni fa circa, Andrea Camilleri ha dimostrato che sarebbe stato possibile raccontare trame gialle anche in contesti siciliani, senza le direttive obbligatorie che Sciascia aveva imposto al giallo ambientato in Sicilia, non si contano più le scrittrici e gli scrittori che arricchiscono questo filone narrativo, seppellendo il rigore di Sciascia sotto tanti libri.
Non sempre gli esiti sono felici, non sempre le pagine catturano i lettori, ma tendenzialmente il livello medio rimane abbastanza alto (e in questo blog ne abbiamo parlato parecchio).
Perché parlarne ancora?
Per colpa di Rosario Russo, uno dei giovani giallisti più promettenti, legato all’esperienza di Sicilia Niura, Algra edizioni.

Recentemente mi ha consigliato la lettura del nuovo libro di Salvatore Falzone, avvocato nisseno dalla penna piuttosto felice e feconda.

Il sale dei morti, Neri Pozza edizioni.

Salvatore Falzone lo avevo conosciuto a giugno nell’ambito della felicissima manifestazione ragusana A Tutto Volume. Introdotto da Attilio Bolzoni, presentava il suo libro precedente dedicato alla figura misteriosa e intrigante (e misconosciuta) di Antonio Canepa, il professore guerrigliero in bilico tra teoria fascista e pratica antifascista. La sua scrittura mi aveva intrigato già allora, e fu facile aderire prontamente al consiglio di Rosario.
Il sale dei morti è un giallo classico, intrigante e ben sviluppato nella sua trama di indagine della verità dei fatti sottostanti. Si intravede nettamente la sua formazione giuridica nella ricostruzione delle vicende.
Su questo impianto si innesta un apparato di ricostruzioni psicologiche delle dinamiche interiori del medico ortopedico Ernesto Vassallo, tornato in Sicilia dopo tanti anni per un’occasione casuale, dei suoi tormenti, dei suoi desideri, della sua insoddisfazione, della sua delicata fragilità. Questa dinamica psicologica interiore si imbatte e combatte con la realtà esterna che lo riafferra e lo riporta alla terra, alle miniere, agli ambienti, alle vicende disgustose e intollerabili che aveva allontanato da sé.
Il personaggio di Vassallo emerge sempre più nitido e rotondo man mano che le vicende si intrecciano.
In particolare trova spazio un profilo criminale di gestione del fenomeno, ormai endemico, dell’immigrazione clandestina, rappresentato dal giovane operaio e poeta Youssef, prima vittima e primo tranello in cui cade Vassallo.
La menzione speciale che merita questo romanzo sta nel nucleo che brucia al centro di tutto il romanzo, che potremmo definire la resurrezione di Sciascia.
Infatti, dentro e attraverso le pagine e le righe narrative psicologiche, interiori, dei demoni e degli spiriti che affollano l’anima e i pensieri di Vassallo, tutt’altro che sciasciane, si fa spazio una vicenda che nella sua logica e nella sua linearità è tipicamente di Sciascia. La deriva degli eventi, la solitudine di Vassallo, la sua alterità rispetto all’ambiente omogeneamente omertoso, hanno il passo del miglior Sciascia.
Vassallo diventa così un cretino come lo fu Laurana, il professore di A Ciascuno il Suo, e la mafia, la mafia della borghesia mafiosa, ha gioco facile per implementare i suoi progetti criminali.

Non temete, non vi sto svelando il finale del giallo. Tante sono le vicende, e gli sviluppi che Falzone mette in scena per voi che difficilmente troverete il bandolo prima delle ultime pagine (almeno io non l’ho trovato).
Diciamo che questo romanzo riesce nell’intento di fare un mash up tra i gialli disperati e disperanti, logici e inflessibili, oggettivi e impersonali, di Sciascia e i gialli più articolati, più psicologici, più personali.
Un romanzo intrigante due volte, insomma.
Salato al punto giusto.
