LA TERRA TREMA – Prima serata del Ciclo Verghiano – Primo tassello del puzzle

Domenica ha debuttato al Centro Polifunzionale della Biblioteca Civica di Lentini, la rassegna cinematografica in commemorazione del centenario della morte di Giovanni Verga.

Abbiamo iniziato con un film importante come La Terra Trema di Luchino Visconti, uno dei 100 film italiani da salvare secondo il Ministero dei Beni Culturali.

Oltre le aspettative la partecipazione all’avvio dell’evento.

Dopo l’introduzione del Dirigente Cardello e dell’assessore Stuto, Abbiamo introdotto il ciclo e dato le coordinate da seguire in queste serate.

Un tassello della figura di Verga per ogni film proposto, scambio di emozioni e pensieri con animo leggero e scanzonato, ma mai banale o superficiale tra i partecipanti.

Abbiamo condiviso l’immagine di uno scrittore inquieto e curioso, sensibile alle innovazioni, innovatore egli stesso.

Appassionato di fotografia (la mia segreta mania, la definiva egli stesso), come testimonia la mostra in corso al Museo Archeologico di Vizzini.

Curioso ed appassionato della nascente industria cinematografica, a cui dedica alcune riscritture di novelle e romanzi. Progetti che non arriva a rendere concreti prima della sua scomparsa.

Scrittore borghese di successo, che alla svolta degli Ottanta, decide di imprimere una svolta radicale alla sua poetica, ed alla storia della letteratura europea.

Grazie alla lettura della prefazione ai Malavoglia di Simone del gruppo letterario Gli Amici di Casa Costa, abbiamo focalizzato l’attenzione sulle caratteristiche distintive della poetica verista di Giovanni Verga:

a) La lingua parlata dei campi (impersonalità, ricerca del vero)

b) La regressione dell’autore (passo indietro dell’autore che non commenta, non giudica, non condanna né assolve)

Visconti in questo film si rifà a queste linee guida, affidando l’interpretazione del film ai pescatori di Acitrezza, non attori professionisti, che rappresentano la loro vita, le loro scene di vita ordinaria davanti alla cinepresa del regista.

Alla fine del film, si è sviluppato un interessante scambio di emozioni e di pensieri tra gli spettatori, come auspicato programmando gli eventi.

Sinteticamente possiamo dire che i numerosi partecipanti della serata (almeno quella cospicua parte che ha resistito alla oggettiva lunghezza del film, e alla sirena incantatrice del Derby d’Italia, concorrente sugli schermi Tv) hanno apprezzato la forza di testimonianza delle condizioni di vita, delle forme di convivenza, dei modi di esercizio economico dell’attività della pesca nel dopoguerra e durante la Ricostruzione, che il film possiede. Hanno riconosciuto la sua appartenenza di diritto alla corrente del Neorealismo, fenomeno culturale italiano, amato in tutto il mondo, nato dalle macerie materiali e morali della guerra.

Al tempo stesso hanno riscontrato l’ingombrante presenza dell’ideologia politica del regista, che ha oggettivamente tradito la poetica verista cui intendeva rifarsi. In particolare con la introduzione della voce narrante (lo stesso Visconti ed in alcuni tratti Antonio Pietrangeli) che contraddice l’artificio della regressione tipicamente verghiano.

La platea ha concluso riconoscendo a Visconti la qualità cinematografica dell’opera, meritoriamente premiata alla Mostra del Cinema di Venezia del 1948. Ma al tempo stesso ha riconosciuto che le modifiche alla trama della vicenda del romanzo originario, e le modifiche tecnico letterarie alla poetica di Verga, allontanano molto impostazione ed effetti del film dalla impostazione ed effetti del romanzo dei Malavoglia, cui si ispira.

Verga stesso realizza un’opera letteraria, a tutti gli effetti, non raggiunge la registrazione oggettiva ed asettica della verità, come teorizzava nella prefazione che abbiamo letto.

Riesce però a raccontare la vicenda delle donne e degli uomini del borgo marinaro di Acitrezza. A lasciare le loro passioni svolgersi e confrontarsi. Gli amori, le aspettative, i proverbi, le delusioni, fortune e rovesci, vivono plasticamente e drammaturgicamente nelle pagine del romanzo. Hanno il sapore della verità, ricercata da Verga.

Il film restituisce una documentazione oggettiva, nelle sue immagini, di grande valore storiografico. Ma inquadra le vicende della trama, inopportunamente modificate, costringendole dentro l’ideologia comunista del regista. Anche i rapporti sentimentali e passionali, o lo scontro generazionale (let-motiv del romanzo), sono analizzati solo alla luce della lotta di classe.

Questo confronto tra film e romanzo ci ha consentito di definire questo primo tassello della figura e della poetica di Verga che apponiamo al puzzle che continueremo a comporre nelle prossime serate.

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