Tutto esaurito ieri sera, domenica 2 febbraio, al Teatro Massimo Città di Siracusa per lo spettacolo La Ricetta Di Danilo, una produzione di Barbe À Papa Teatro.
Una scenografia inconsueta sul palco: una tavola con tovaglia bianca e blu, un fornello a induzione, una padella da 28 con i bordi alti, quasi un wok, sul fornello, farina, olio di oliva, olio di semi, cipolle, ciotole, ciotoline, piatti, un vero e proprio piano di lavoro a cui ci hanno abituato le innumerevoli trasmissioni di cucina che imperversano da ogni schermo tv.

Dietro il piano di lavoro, al lavoro sul piano, Totò Galati, autore e interprete di questa curiosa piece teatrale.
Alla sua destra Nathan Tagliavini, seduto con un pc sulla sedia davanti, e un aggeggio elettronico, da cui governa gli inserti musicali registrati, a cui aggiunge i suoi interventi al flauto, molto suggestivi.
Nello spazio temporale che occupa la preparazione delle famose polpette di Danilo, Totò Galati da Partinico, soffrigge, impasta, sminuzza, confeziona, infarina, e frigge le suddette polpette.
Veramente, dal vero, senza trucchi.

Mentre cucina, Totò Galati, con una foga e una capacità affabulatoria rara, racconta, spiega una storia. Una storia ancora troppo poco nota, ancora troppo controversa, una storia certamente non sbagliata, una storia che ha dell’incredibile. La storia delle iniziative di Danilo Dolci, dalle prime rudimentali prove a Nomadelfia di Don Zeno, alle attività siciliane del Borgo di Dio di Trappeto.
Il presunto autore della ricetta delle polpette al centro dello spettacolo, infatti è propio quel Danilo, Danilo Dolci.
Lo chef Galati, con un accattivante e divertente accento di Partinico, mentre soffrigge in olio di oliva una cipolla rossa, cattura il pubblico raccontando una versione locale della arcinota parabola evangelica della moltiplicazione dei pani e dei pesci. È l’occasione per divagare su alcune delle ricette più ghiotte della cucina del pesce nella nostra isola, in particolare con la partecipazione delle sarde. pasta con le sarde, a beccafico, polpette di sarde, eccetera.
Durante la divagazione sulle sarde, Galati concentra la sua attenzione sulla variante polpette di “neonata” o muccu, che altro non sono che il novellame di pesce azzurro, gli avannotti delle sarde, appunto.
Una prelibatezza che manda in confusione il pubblico già stregato dal soffritto che, nel frattempo, è stato messo da parte in una ciotola di ceramica, fumando tra le narici del pubblico come i fumogeni di un concerto rock.

Come fa quando ogni volta gira attorno al tavolo da lavoro e si pone davanti ad esso, Totò Galati, si rivolge con maggiore enfasi al pubblico per attirare la sua attenzione su alcuni elementi del suo racconto (anche se l’odore dolce insinuante del soffritto aleggia maliardo).
La precisazione che vuole fare questa volta riguarda una semplice questione di numeri e di equivalenze.
Se un kg di sarde contiene mediamente quaranta sarde, un kg di “neonata” contiene circa tremila avannotti. Questo significa che utilizzando oggi un chilo di “neonata” per fare le polpette, si determina il mancato sviluppo di circa 70 kg di sarde domani.
Un costo in senso lato ambientale davvero molto alto.
Mentre comincia a spezzettare del pane in una ciotola, per cominciare la preparazione delle ormai attesissime polpette di Danilo, che abbiamo capito saranno nella versione prelibata della polpetta di “neonata”, comincia a raccontarci la storia di questo ragazzo alto e allampanato del “nord” che, dopo le esperienze di solidarietà e assistenza di Don Zeno, decide circa settantacinque anni fa di oltrepassare lo stretto e insediarsi nella periferia urbana e sociale del piccolissimo dimenticato centro di Trappeto, Palermo, Sicilia.
Un paese, tutto vestito di nero, ancora privo di condotte fognarie, desolato e desolante, che vede attraversare le sue strade nauseabonde da questo strano giovane vestito di bianco.

Danilo Dolci si muove per il paese, facendo domande, cercando di capire e di aiutare. Si occupa dei bambini, delle donne, dei pescatori, dei contadini. Ovunque ci sia possibilità di fare qualcosa per gli altri, da condividere con gli altri, impegna tutto se stesso.

Mentre impasta il pane con l’uovo, rigorosamente a mano, Totò Galati ci racconta che, superata la pesante diffidenza dei primi tempi, i paesani cominciano a fidarsi di questo poeta, musicista, intellettuale, e iniziano a collaborare con lui e nasce il Borgo Di Dio, centro di accoglienza, di studio, di canto, di danza, alloggio.
Inizia la parabola di Danilo Dolci, il Ghandi siciliano, che fa da elemento di attrazione per tanti artisti, intellettuali, giornalisti, scrittori, che vengono invitati al Borgo di Dio a rendersi conto di persona delle condizioni in cui si vive nei paesi dell’entroterra siciliano.
Il clamore e l’attenzione portano i primi risultati: a Trappeto arrivano le fognature!

Delle tante storie che si raccontano circa la presenza di Danilo Dolci in Sicilia a Trappeto, Totò Galati, mentre l’olio di semi giunge alla temperatura attesa nel wok ancora impregnato del soffritto messo da parte, decide di raccontarci proprio la battaglia delle sarde, la guerra pacifica contro la mafia del mare.
Proprio quella considerazione tra numeri e equivalenze di prima ci torna ora utile, per capire il danno che i contrabbandieri di avannotti lasciano nel mare di Trappeto, affamando i pescatori che non trovano quasi più sarde da pescare. Il lamento dei pescatori non raggiunge alcun orecchio istituzionale, i contrabbandieri sono mafiosi, sono protetti, sarde a mare non se ne trovano più.
Mentre l’impasto viene carezzato e porzionato in polpette che leggiadramente vengono rotolate nella farina e deposte in attesa della immersione nell’olio, Totò ci racconta della soluzione proposta da Danilo Dolci a Trappeto. Ognuno di quei pescatori, le loro famiglie, stanno vivendo un disagio pesantissimo, concentrato nella fame, non hanno niente da mangiare.
A che serve restare ognuno in casa propria a patire la fame?
Uniamo la nostra fame, andiamo tutti in spiaggia e soffriamo la fame insieme, digiuniamo insieme. Facciamolo con gioia,con allegria, cantiamo, suoniamo, leggiamo poesie, restiamo tutti insieme a digiunare. Le istituzioni non potranno più fare finta di niente.
È il 1956, l’anno dello sciopero della fame con la partecipazione più collettiva che si ricordi.

Le polpette immerse nell’olio, Galati viene davanti al tavolo da lavoro e, luci attenuate, flauto e inserti sonori in gran forma, si lascia andare in un pezzo di recitazione sincopata, appassionata, appassionante, un cunto di grande forza, che racconta della repressione, del divieto di digiunare all’aperto (sic) che gli altoparlanti della polizia accorsa in spiaggia rovesciano sui pacifici manifestanti.
Condivisione, solidarietà e rispetto sono i temi che questa storia di Danilo Dolci a Trappeto ha messo in evidenza nel cooking tale di Totò Galati. In loro ossequio, le polpette giunte a frittura giusta, vengono offerte al pubblico con l’indicazione di dividerle, condividerle, con il proprio vicino.
La sapidità della frittura, l’aroma dolce della cipolla soffritta su cui sono state deposte e avvolte le polpette appena fritte, stordiscono il palato del pubblico più fortunato.
Avanzando nella masticazione, la sorpresa.
Con i suoi racconti lo chef ci ha distratti e nelle polpette di “neonata” ha messo tutti gli ingredienti, tranne proprio la “neonata”.
Questa è la ricetta di Danilo: pane, uova, condivisione, lealtà, rispetto e gli avannotti di sarde… a mare a crescere e diventare sarde.
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Questo post avrebbe dovuto finire qui.
Ma nella prima frase c’è una ingannevole imprecisione che necessita di essere risolta.
Ieri sera domenica 2 febbraio 2025 sul palco del Teatro Massimo Città di Siracusa, oltre alla scenografia pensata da Barbe À Papa Teatro, hanno trovato posto anche una ventina di sedie disposte in due semicerchi davanti al tavolo di lavoro, spalle alla platea e ai palchi.
Una scelta dell’ultimo momento per non guardare la desolazione della platea vuota e dei palchi bui e vuoti.

Erano le sedie sul palco erano ad essere andate tutte esaurite, solo una ventina gli spettatori accorsi a vedere lo spettacolo. Noi presenti siamo stati fortunati, abbiamo vissuto lo spettacolo con una vicinanza all’arte recitativa e culinaria di Totò Galati, che non potevamo immaginare prima (oltre ad aver potuto assaggiare tutti le polpette di Danilo).

Sorprende e addolora constatare come questa straordinaria città possa cadere in alcune incomprensibili discontinuità nella sua passione culturale. Nello stesso week end in cui circa centocinquanta persone hanno invaso il salone del Siracusa Institute, quasi dirimpettaio del Teatro Massimo, per ascoltare le interessantissime e affascinanti riflessioni di Diego Da Silva, non ci sono state altrettante persone che hanno sentito la curiosità, la voglia di venire a sentire raccontare la storia di Danilo Dolci.
Eppure in entrambi i casi si parlava di condivisione, di lealtà, di rispetto, di umanità.
